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acari della polvere

Allergia agli acari della polvere

acari della polvere

L’allergia agli acari della polvere è una delle più comuni malattie presenti nei paesi occidentali sia per l’ampia diffusione (le case moderne creano un microclima caldo umido ideale per lo sviluppo degli acari a qualsiasi latitudine); sia per l’elevata allergenicità di questi piccoli artropodi.

Le due specie di acari più comuni nelle abitazioni sono il “Dermatophagoides pteronyssinus” e il “Dermatophagoides farinae”. Il ciclo vitale uovo-animale adulto dura circa 30 giorni. Un acaro adulto può vivere da uno a tre mesi. Le femmine sono in grado di deporre anche 1-3 uova al giorno, rinnovando continuamente la colonia.

Come concentrazione ambientale in media un grammo di polvere abitativa può contenere da 500 a 1000 acari → maggiormente sugli effetti letterecci. Numerosi studi hanno documentato che gli acari rappresentano il principale fattore di rischio per lo sviluppo di “RINITE, CONGIUNTIVITE ed ASMAl’intero anno, anche se nei periodi freddi tenendo chiuse le finestre e facendo meno arieggiare la casa si esprime con maggiore gravità. E’ stato, inoltre, osservato che nei bambini gli acari possono favorire la comparsa di altre allergie verso spore di muffe, derivati epiteliali di animali, pollini”. La sensibilizzazione della popolazione agli allergeni degli acari varia dal 13% al 21%.

GLI ALLERGENI DELI ACARI

  • Le sostanze che provocano l’allergia (allergeni) sono enzimi presenti nelle feci dell’acaro che produce da 6 a 10 pallottoline fecali al giorno della grandezza di circa 8-10 micron e poi si mescolano alla polvere della casa, si depositano e si accumulano nei materassi, cuscini, coperte, tappeti, oggetti di peluche, etc.
  • Il peso e i movimenti del corpo mentre si dorme o si sta seduti su una poltrona, li sollevano quel che basta perché siano inalati o toccati (vanno a costituire un “aerosol biologico“), → possano quindi innescare reazioni allergiche di tipo respiratorio (rinite, rino-congiuntivite, asma) o cutanee (dermatiti).
  • L’80-100% delle persone che si sensibilizzano, producono anticorpi IgE specifici verso gli allergeni maggiori degli acari quali → il “Der p/f1 e Der p/f2”.
  • E’ possibile sensibilizzarsi (10% dei pazienti) ad un allergene minore dell’acaro il “Der p 10”, trattasi di una “tropomiosina” pan-allergene che induce una sensibilizzazione crociata verso: crostacei, molluschi, mitili, lumache, → con un quadro clinico cutaneo di orticaria-angioedema assumendo questi alimenti.

ESISTE UNA PREDISPOSIZIONE?

  • Esiste effettivamente una predisposizione genetica e quindi famigliare (atopia) a manifestare allergie in generale, ma maggiormente verso gli acari della polvere.

 QUALI SONO I SINTOMI CHE POSSONO SEGNALARE UNA ALLERGIA AGLI ACARI?

Tra i principali (con espressione clinica che varia da “forme lievi, a moderate, a gravi”), vi sono:

  • la “RINITE” con: starnuti soprattutto al risveglio; congestione e prurito nasale, naso chiuso o che cola (rinorrea);
  • L’ASMA” con: attacchi di tosse secca durante la notte; difficoltà respiratorie (notturne o durante attività fisica), senso di oppressione toracica, respiro sibilante (quando si espira l’aria si sente un fischio).
  • CONGIUNTIVITE” con: gonfiore agli occhi, che appaiono arrossati, bruciano e lacrimano.
  • in alcuni casi la “DERMATITE ECZEMATOSA” con: arrossamento e prurito cutaneo, soprattutto a viso e cuoio capelluto, eruzioni cutanee;

TUTTO QUESTO CREA DISTURBI DEL SONNO, quindi poi al risveglio: senso di malessere generale, debolezza, affaticamento diurno, riduzione della vigilanza che influenzano in modo negativo, il rendimento scolastico e/o lavorativo e la qualità della vita.

 COSA PUO’ PEGGIORARE I SINTOMI?

  • Scarsa ventilazione degli ambienti chiusi (casa, scuola, uffici);
  • Alto tasso di umidità relativa superiore al 50%;
  • Alte temperature (superiori ai 20-21°C.);
  • Inquinamento dell’aria (fumo di tabacco o gas prodotti dalla cottura di alimenti o liberati dalle colle e dalle vernici dei mobili);
  • Tutte le attività svolte nelle abitazioni che sollevano la polvere tali da consentire alle feci secche degli acari di disperdersi nell’aria, esponendo maggiormente il soggetto allergico.

 DIAGNOSI

  • Il sospetto di allergia agli acari della polvere può essere confermato sulla base dei sintomi e con l’identificazione dell’allergene coinvolto.
  • Pertanto è importante consultare uno “SPECIALISTA ALLERGOLOGO”, per effettuare la visita, definire la diagnosi, praticando i “TEST ALLERGOMETRICI” ed esami strumentali in base ai sintomi clinici riscontrati, quindi: per la rinite la rinoscopia e se vi è il sospetto di asma bronchiale: una Spirometria, l’Ossido Nitrico esalato (FeNO) quale marcatore di infiammazione allergica bronchiale.

I TRATTAMENTI FARMACOLOGICI “SINTOMATICI”

  • Il primo trattamento utile per controllare le reazioni allergiche provocate dagli acari della polvere consiste nell’evitare o minimizzare il più possibile l’esposizione all’allergene.
  • Tuttavia, è impossibile eliminare completamente gli acari della polvere dal proprio ambiente.

PER CONTROLLARE I SINTOMI DELL’ALLERGIA AGLI ACARI SI POSSONO UTILIZZARE DIVERSI FARMACI:

  • Gli “ANTISTAMINICI”: che alleviano i sintomi come prurito, starnuti e naso che cola.
  • I “CORTICOSTEROIDI” locali (spray nasali): che riducono l’infiammazione e la congestione nasale.
  • Gli “ANTILEUCOTRIENI” (in caso di concomitanza dell’asma), riducono sia i sintomi dell’asma sia la congestione nasale.
  • I “CORTICOSTEROIDI E BETA2 STIMOLANTI” per via inalatoria, per il controllo dell’asma bronchiale.
  • COLLIRI antistaminici per la congiuntivite.

L’IMMUNOTERAPIA SPECIFICA

  • Un trattamento di “DESENSIBILIZZAZIONE nei confronti dell’allergene dell’acaro (il cosiddetto “VACCINO”), per via “sublinguale o sottocutanea”, da praticare per almeno 3-5 anni consecutivi, è l’unico in grado di modificare la storia naturale di questa malattia, riducendo progressivamente e risolvendo lo stato allergico del paziente. Inducendo quindi il sistema immunitario a sviluppare tolleranza nei confronti dell’allergene trattato.

PREVENZIONE AMBIENTALE

  • Nelle nostre abitazioni, gli acari vivono nella polvere e nei luoghi dove possono insediarsi (materasso, cuscini, coperte, piumoni, tende, tappeti, poltrone, peluches ecc.), si nutrono principalmente di desquamazioni umane e animali (forfora).

COME ELIMINARLI?

  • Premesso che non è possibile sterminare gli acari della polvere, le migliori strategie sono quelle che agiscono sulle loro condizioni di sussistenza Gli acari vivono bene a temperature superiori ai 20°C. ed umidità relativa tra il 60% e l’80%.
  • Se la temperatura ambientale è tra i 18° e i 20°C. e l’umidità relativa scende sotto il 50-55%, il loro ciclo vitale si riduce.
  • E’ una buona strategia l’utilizzo di condizionatori (nei mesi estivi) e di deumidificatori (in inverno), impostando il valore di umidità relativa al 50%.

Inoltre fare il possibile per non creare umidità negli ambienti domestici, evitando:

  • di asciugare i panni all’interno della casa, che il vapore prodotto dalla doccia in bagno o dalla cottura di alimenti in cucina si disperda in altri locali, arieggiare frequentemente i locali dell’abitazione.
  • Un materasso può contenere fino a 2 milioni di acari; nessun materasso è da considerarsi privo di allergeni, anche quelli in lattice contengono acari Impiegano solo più tempo ad essere colonizzati!
  • E’ consigliabile usare fodere antiallergiche, (coprimaterasso, copricuscino, copripiumino) realizzate con tessuti impermeabili e traspiranti che evitano la diretta esposizione agli allergeni degli acari, vanno lavati ogni 2 mesi alla temperatura di 60°C.
  • Le lenzuola, le federe vanno cambiate ogni settimana e lavate a 60°C. Lavare le tende, le coperte, i cuscini ecc. con la stessa modalità, almeno ogni tre mesi.
  • Al mattino non rifate subito il letto, ma lasciatelo aperto in modo da dare il tempo all’umidità del materasso e delle lenzuola di evaporare. D’altronde l’uomo è un corpo caldo e umido, che produce forfora, dormendo nel letto, creiamo quindi un microclima ideale e forniamo alimenti, pertanto siamo noi stessi checoviamo e nutriamo gli acari!
  • Esporre coperte e copriletti ove è possibile spesso al sole e in ambiente ventilato.
  • Eliminare dalle stanze, in particolare dalla camera da letto, oggetti che trattengono polvere: tappeti, moquette, tendaggi pesanti in (broccato, velluto), carta da parati di stoffa.
  • I peluches sono in grado di trattenere una quantità elevata di acari. In caso di allergia, per non privare il bambino delle sue mascotte preferite, si consiglia di riporli nel freezer per una notte a -18-20° per uccidere gli acari. Poi si potranno lavare delicatamente i peluches a 30° almeno una volta al mese.
  • Pulire ogni giorno la casa partendo dalle parti più alte e poi i pavimenti con un panno umido o elettrostatico in grado di catturare la polvere senza sollevarla.
  • Usare gli aspirapolveri dotati di filtri HEPA (High Efficiency Particulate Arrestance) che sono grado di trattenere il 99,5% circa delle particelle da 0,3 a 0,5 micron, quindi efficaci nel ridurre la concentrazione delle particelle allergizzanti degli acari nell’ambiente domestico.
  • E’ possibile ricorrere a sostanze chimiche ad azione “acaricida”. Tali prodotti andranno utilizzati qualora non sia possibile attuare le bonifiche ambientali sopramenzionate. Sono preparati disponibili sotto forma di spray, tra questi il più usato è a base di “Benzoato di benzile”.
  • Possono essere utilizzati su materassi, guanciali, coperte, tappeti, moquette, interni di auto ecc. Dopo l’applicazione è necessario rimuovere la polvere e gli acari morti (ancora in grado di scatenare reazioni allergiche) con l’aspirapolvere con filtro “HEPA”, l’applicazione va ripetuta ogni 3 -6 mesi. Il loro utilizzo in ambiente domestico, per un rischio di tossicità a lungo termine, sono da sconsigliare.

Considerazioni finali

  • L’allergia agli acari della polvere rappresenta indubbiamente una patologia di grande rilievo, soprattutto per le reazioni spesso severe che provoca a livello delle vie respiratorie.
  • Come abbiamo illustrato, oggi esistono molteplici possibilità per “prevenire”, “ridurre l’esposizione” e “curare” questa importante allergia!
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Anisakis: gravi allergie e infiammazioni intestinali!

RISCHI PER CHI MANGIA PESCE CRUDO!

L’ingestione di pesce crudo o poco cotto comporta il rischio di infezioni gastrointestinali sia di batteri, virus ma anche di parassiti che possono essere presenti nei pesci.

Il più frequente e pericoloso è “l’ANISAKIS”, un nematode che appartiene alla famiglia delle ANISAKIDAE assieme ai generi “Pseudoterranova, Phocascaris, Contracaecum”.

La specie più spesso associata a infestazioni nell’uomo è “ANISAKIS SIMPLEX, mentre buona parte dei casi di parassitosi registrati in Italia paiono essere dovuti ad “ANISAKIS PEGREFFI, specie tipicamente presente nel Mediterraneo.

Può essere responsabile sia di gravi infiammazioni della mucosa dell’apparato digerente che di gravi allergie.

L’ANISAKIS è un parassita normalmente presente nell’intestino di molti pesci come: acciughe -aringhe -sardine -tonno  -salmone -merluzzi -triglie -pesce sciabola -lampuga -pesce spada -ricciola•-nasello -rana pescatrice -molluschi -seppie -totani -calamari -polpi •-moscardini.

 

La presenza d’ANISAKIS è talmente diffusa nei mari, da raggiungere un tasso d’infestazione che va dal 40 al 100% dei pesci.

Quando l’uomo mangia pesce infetto crudo, le larve possono impiantarsi sulla mucosa dell’apparato digerente, dallo stomaco fino all’intestino.

L’anisakis arriva a perforare l’intestino, formando delle raccolte ascessuali. Talora le larve possono raggiungere anche altri organi, tra cui il fegato, i polmoni o la milza (anisakiasi ectopica). I sintomi sono intenso dolore addominale nausea e vomito, che insorgono a distanza di poche ore ad un massimo di 12 ore dalla ingestione accidentale del parassita, il tutto si può complicare anche con la perforazione intestinale, febbre, peritonite che richiedono un intervento chirurgico urgente.

Nelle forme croniche si formano ascessi, con gravi disturbi intestinali, fino a quadri occlusivi.

Il parassita non può completare il proprio ciclo vitale nell’uomo, tuttavia è osservabile per 3-4 settimane nell’intestino, quindi degenera e si formano dei granulomi calcifici nell’arco di 6 mesi dall’infezione iniziale.

È bene precisare che l’anisakis non si trasmette tra gli esseri umani.

I SINTOMI DIGESTIVI ALCUNE VOLTE SI MANIFESTATNO IN MODO MOLTO VAGHI O DI LIEVE ENTITA’ DOPO L’INGESTIONE DEL PESCE CON L’ANISAKIS, PERCIO’ POSSONO PASSARE INOSSERVATI, → MENTRE POSSONO PREVALERE QUELLI ALLERGICI.

L’ANISAKIS induce anche SENSIBILIZZAZIONE ALLERGICA provocando reazioni gravi tra il 20 e il 60% dei casi.!

I sintomi allergici si presentano in genere tra le 12 e le 24 ore dal consumo del pesce infestato.

1) a livello intestinale: “dolori addominali, diarrea, vomito”;

2) a livello sistemico: orticaria (con ponfi e prurito su tutto il corpo), angioedema (labbra, occhi, glottide), → fino allo shock anafilattico.!

  • L’entità e la gravità della malattia dipendono sia dalla quantità di parassiti ingeriti che dalla sensibilità individuale del consumatore.

L’ANISAKIS SVOLGE IL SUO CICLO BIOLOGICO IN AMBIENTE MARINO.

  • Questi parassiti si trovano, allo stadio di adulto, nell’addome dei mammiferi marini (balene, leoni marini, foche, delfini), più precisamente nelle viscere del pesce.
  • Le uova vengono rilasciate in acqua attraverso le feci di questi mammiferi marini, ove vengono fecondate e dopo la schiusa, si sviluppano nei vari stadi larvali.
  • Le larve vengono ingerite dal primo ospite intermedio, sono “PICCOLI CROSTACEI” che costituiscono il “krill, questi a loro volta vengono ingeriti dal secondo ospite intermedio che sono “PESCI-CALAMARI-SEPPIE”.
  • Nei pesci si sviluppa l’ultimo stadio larvale che può passare direttamente al suo ospite definitivo (mammiferi marini) per il completamento del suo ciclo biologico.
  • Le abitudini di questi mammiferi che spesso compiono migrazioni tra oceani e mari molto distanti, contribuiscono decisamente alla diffusione di questi parassiti.

PUO’ FINIRE ANCHE IN UN ALTRO OSPITE DEFINITO “ACCIDENTALE”, L’UOMO se questi si ciba di pesce crudo o poco cotto contenente, al suo interno, le larve di ANISAKIS.

  • Cosa succede ad un soggetto, che ha mangiato in modo incauto questo alimento e nel giro di 6-12 ore accusa dolori addominali, nausea, vomito e/o presenta manifestazioni di tipo allergico?
  • Spesso finisce al PRONTO SOCCORSO, dove la diagnosi di “ANISAKIASI” non viene fatta perché non è semplice e curato come normale gastroenterite e/o allergia alimentare. Viene idratato, trattato con antispastici, antibiotici e cortisone ed appena stabilizzato rinviato a domicilio.
  • Solo se vi è un addome acuto, legato a perforazione intestinale e/o peritonite, si invia al chirurgo che poi nell’aprire l’addome pensando a diverticoli perforati, appendicite acuta, scopre incredulo la presenza di larve di ANISAKIS nell’intestino del paziente.!

 COME SI FA LA DIAGNOSI?

  • Lo specialista di riferimento deve essere l’Allergologo, esperto del problema, che effettua su questi pazienti una diagnostica allergologica mirata che permette di individuare la sensibilizzazione verso l’Anisakis sia con “prick test specifico”, sia con una diagnostica molecolare ricercando l’allergene maggiore del parassita (Ani s 1).
  • E’ utile ricercare anche (Ani s 3) una tropomiosina che è cross-reattiva verso la tropomiosina di Acari (Der p 10), Gamberetti (Pen a 1 – Pen i 1 – Pen m 1) e Scarafaggi (Per a 7).
  • In conseguenza a ciò, il paziente allergico agli acari, tramite la cross-reattività delle tropomiosine può presentare allergie ai Gamberi ed all’Anisakis e se si espone in luoghi ove è presente polvere e derivati di scarafaggi, può manifestare una sintomatologia allergica di tipo respiratorio, quale “rinite e asma bronchiale”.

COME TERAPIA:

  • Si utilizza l’Albendazolo (Zentel), farmaco antiparassitario impiegato anche per il trattamento delle infestazioni da Anisakis, il dosaggio utilizzato sia negli adulti e nei bambini con più di due anni di età è di 400 mg, da assumersi una o due volte al giorno, secondo il parere dello specialista. Si associano anche cortisonici come il Prednisolone ed antistaminici per via orale.
  • E’ importante effettuare il prima possibile e non oltre i primi 10 giorni una diagnostica endoscopica (EGDS), in grado di evidenziare la presenza di larve nello stomaco del paziente e di asportarle con “pinza endoscopica”.
  • Queste larve misurano da 1 ai 3 cm., vanno dal colore bianco al rosato, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi. Sono visibili anche ad occhio nudo.

E’ POSSIBILE EFFETTUARE UNA PROFILASSI?

 

  • Si..! → seguendo semplici regole di comportamento come:

a)-evitare di mangiare pesce crudo o poco cotto;

b)-pulire tempestivamente il pesce eviscerandolo perché una volta che il pesce è stato pescato i parassiti migrano nelle fibre muscolari (parte edibile);

c)-cuocere il pesce: portare la parte più interna del pesce ad una temperatura superiore a 60 °C,    così le  larve muoiono dopo almeno 10 minuti di cottura.

d)-salamoia, aceto e limone non uccidono le larve.

RACCOMANDAZIONI SCIENTIFICHE:

  • Congelare il pesce per almeno 24 ore a -20° C, ma vi è più sicurezza se per 96 ore.
  • ATTENZIONE.! I congelatori domestici se solo quelli a tre o quattro stelle, sono in grado di raggiungere tale temperatura, mentre quelli a una o due stelle raggiungono rispettivamente temperature non sufficienti di -6 e -12 °C.
  • Vari studi mostrano che anche il pesce di allevamento è potenzialmente a rischio di infestazione di anisakis, pertanto è consigliabile effettuare la cottura o l’abbattitura.

Esiste una normativa in vigore?

  • In Italia fin dal 1992 sono state emanate disposizioni legislative per la prevenzione dell’anisakiasi che vieta a ristoranti e punti di ristorazione collettiva di servire pesce crudo, marinato o affumicato a freddo, a meno che non sia stato precedentemente congelato (-20°C) per almeno 24 ore.
  • Successivamente il regolamento CE n. 853/04 ha esteso l’obbligo di “ABBATTITURA” a tutti i prodotti ittici destinati ad essere consumati crudi o sottoposti a trattamenti di marinatura o salatura che non sono in grado di uccidere le larve.
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Allergie respiratorie alle spore delle muffe

 Le spore delle muffe sono  allergeni presenti costantemente nell’aria e sono importanti cause di malattie umane, specialmente delle vie respiratorie superiori e inferiori (naso, seni paranasali e polmone). Queste malattie possono verificarsi in qualsiasi età.

 Le spore fungine di maggiore interesse allergologico appartengono alla classe dei Deuteromiceti.

▪ Le ife vegetative di queste muffe crescono meglio tra i 18° e 32° gradi Centigradi, l’umidità atmosferica ne favorisce lo sviluppo e la fruttificazione.

▪ La dispersione delle spore più allergizzanti “spore secche” aumenta quando si solleva un pò di  vento con contemporanea diminuzione dell’umidità relativa, con un picco prevalente durante i pomeriggi caldi ed estivi.

  • A questo gruppo appartengono muffe quali: “CLADOSPORIUM, ALTERNARIA, ASPERGILLI, PENICILLI, HELMINTHOSPORIUM”.
  • Queste specie allergeniche, sono comuni in ambienti esterni in tutto il mondo.

▪ Le Spore disperse nell’aria sono presenti durante la primavera, l’estate e specialmente l’autunno a causa della degradazione del materiale vegetale quali foglie, tronchi d’albero, erba tagliata, frutta, ortaggi e altri materiali biologici.

 

Quando le muffe in atmosfera raggiungono concentrazioni superiori a 200 spore per metro cubo d’aria, → i pazienti sensibilizzati accusano “sintomi di allergia respiratoria”.Negli ambienti interni umidi e poco arieggiati, sono presenti l’intero anno senza variazioni stagionali.

▪ All’inizio del 1970, la crisi energetica ha indotto un sistema costruttivo di ediliziaa risparmio energetico”, con eccessivo isolamento degli infissi.  Questo ha provocato scarsi ricambi di aria, un aumento dell’umidità all’interno delle case, quindi crescita elevata di muffe dentro le abitazioni, con problemi di salute per gli occupanti.

▪ Studi recenti  “Pollution and the Young (PATY)” condotti su 58.000 bambini sia in America, in Europa, in Russia, hanno evidenziato che questi bambini di età compresa tra 6 e 12 anni “in abitazioni con presenza di umidità e muffe” soffrono maggiormente di malattie respiratorie allergiche quali: (rino-sinusite ed asma bronchiale), in modo continuativo l’intero anno.

  • I siti preferiti per la crescita di funghi nelle case sono: i bagni “box della doccia, scarichi del water (Katis)”, i basamenti, le modanature delle finestre, piante da appartamento, guarnizioni di gomma dei frigoriferi, lavastoviglie, sulle pareti umide e dietro le carte da parati, dietro e sotto i mobili di compensato e truciolato, impianti idraulici, cantine, garage, attici con tetti non isolati e con infiltrazioni di acqua.

 FORME CLINICHE DI ALLERGIA ALLE MUFFE

  • La RINITE e/o la CONGIUNTIVITE allergica sono problemi comuni sia nei bambini che negli adulti.

▪ I sintomi includono naso che cola, prurito, starnuti, congestione nasale, mal di gola, prurito agli occhi, lacrimazione. Si associa nei bambini anche l’ipertrofia adenoidea.

  • La SINUSITE allergica si verifica principalmente negli adulti con poliposi nasale e sensibilità verso l’Aspergillus fumigatus.
  • L’ASMA allergico può verificarsi sia nei bambini che negli adulti. L’esordio può essere acuto o insidioso. La storia del paziente di solito comprende tosse, respiro sibilante, affanno, senso di oppressione al petto, espirazione prolungata, → venendo ad assumere con il tempo sempre caratteri di gravità.

L’80% dei bambini sensibilizzati di età scolare, sviluppa reattività allergica sia verso spore fungine (prevalentemente l’Alternaria) che verso gli acari della polvere.

▪ Di solito queste forme cliniche sono perenni, quando la fonte allergenica è dentro l’abitazione.      ▪ Quando la fonte allergenica è l’ambiente esterno, assumono caratteristiche stagionali specie nei periodi caldi (primavera, estate, autunno), quando vi è umidità e le temperature sono elevate.

Vi sono altre forme cliniche di allergia alla muffa quali:

▪ L’Aspergillosi broncopolmonare allergica: che si realizza in pazienti con asma e fibrosi cistica.

▪ L’Alveolite allergica estrinseca: comprende un ampio spettro di malattie polmonari interstiziali e alveolari causate da un’esposizione ripetuta (professionale) a un’ampia varietà di polveri organiche e spore fungine.

EVITARE GLI ALLERGENI cioè → FARE PREVENZIONE

▪ I sintomi possono essere alleviati diminuendo l’esposizione alle spore allergeniche.

▪ L’abitazione deve essere mantenuta asciutta e ventilata e la vegetazione densa intorno alla casa dovrebbe essere eliminata.

▪ Un deumidificatore può essere utile se la casa è particolarmente umida, l’umidità relativa ottimale dentro una abitazione deve essere mantenuta intorno al 50%, la temperatura tra 18-20 gradi centigradi.

▪ Rimuovere le macchie di muffa sulle pareti di casa e sugli arredi con agenti fungicidi.

▪ L’individuo interessato deve evitare di rastrellare le foglie, tagliare il prato, o impegnarsi in altre attività che potrebbero sollevare spore di muffe in atmosfera intorno a lui.

▪ Utilizzare in ambiente lavorativo “a rischio”, una mascherina con filtro antiparticolato ad alta efficienza (HEPA).

  • Concludo questo argomento ostico, ma utile da conoscere, perché poco descritto o cercato, ma molto importante dal punto di vista clinico e allergologico, essendo una patologia che si sovrappone e si confonde con le altre allergie respiratorie, sia stagionali che perenni, → quindi non sempre diagnosticata.
  • Per i pazienti che sospettano o soffrono di tali patologie, è importante consultare uno specialista allergologo / pneumologo per:

1) formulare una corretta diagnosi allergologica;

2) attuare protocolli farmacologici adeguati;

3) vaccini desensibilizzanti, se clinicamente indicati;

4) offrire tutti i consigli su come effettuare la Prevenzione;

5) curare così l’allergia alle spore delle muffe in modo ottimale.

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L’orticaria

L’orticaria è una dermatosi molto comune, caratterizzata dall’eruzione più o meno diffusa, monomorfa di pomfi.

  • Il pomfo è definito come un rilievo edematoso circoscritto, rotondeggiante o ameboide, con dimensioni che variano da pochi mm a diversi cm.
  • Colore roseo-rosso in periferia e bianco opalino al centro
  • Consistenza elastica
  • Pruriginoso

Durata: transitoria (da pochi minuti a qualche ora).

 

orticaria

 

Classificazione delle orticarie

 

L’obiettività clinica da sola non consente di identificare i vari tipi di orticaria.

→Si utilizza un criterio cronologico per distinguere in modo convenzionale:

  • una forma acuta, quando le lesioni permangono per meno di 6 settimane; 
  • una forma cronica, quando si manifesta per un periodo superiore a 6 sett. 

→Si utilizza l’eziopatogenesi, per classificare i casi di orticaria in forme a causa:

  • immunologica ed extraimmunologica.

 

Orticaria a patogenesi immunologica

Immunoreazioni di tipo I “secondo Gell e Coombs” – orticaria allergica

  • IgE mediata
  • Causata da: farmaci, alimenti, allergeni inalanti, parassiti, o puntura d’insetto
  • Frequente in soggetti atopici
  • La reazione comincia entro qualche minuto dall’esposizione della sostanza responsabile, ma possono anche trascorrere delle ore se l’allergene è alimentare
  • Possibile lo sviluppo di shock anafilattico.

 Immunoreazioni di tipo II “secondo Gell e Coombs”

  • Reazioni trasfusionali

Immunoreazioni di tipo III “secondo Gell e Coombs”

  • Vasculite
  • Da infusione di siero eterologo
  • In malattie autoimmuni
  • Da infusioni di immunoglobuline

Autoimmune

  • Autoanticorpi IgG rivolti contro diversi autoantigeni
  • Autoanticorpi (IgG-1 e IgG-4, IgA, IgM)
  • anti IgE (porzione Ce 2-4 della catena pesante)
  • anti recettore ad alta affinità Fc-e-R1 per le IgE

orticaria patogenesi immune

 

Orticaria a patogenesi immune non definita

  • Da infezioni virali o batteriche
  • Da parassiti
  • In corso di neoplasie

    Orticaria a patogenesi extraimmunologica

    • Da sostanze istamino-liberatrici dirette
        •   Fisica
        •   Psicogena

        •   Da contatto
        •   Da altri fattori

 

LE SOSTANZE AD ATTIVITA’ ISTAMINO-LIBERATRICE SONO:

  •   Enzimi proteolitici: tripsina, papaina, chimotripsina
  •   Sostanze tensioattive sulle superfici cellulari
  •   Composti ad alto peso molecolare: destrano, polivinil-pirolidone
  •   Sostanze con due o più gruppi basici:

   –  chemioterapici

   –  Sostanze ad azione sul SNC: apomorfina, codeina, morfina

   –  Miorilassanti: curarina e suoi derivati

   –  Sostanze ad azione sul sist. Circolatorio: anfetamina, atropina, Idralazina

  • Peptidi biologicamente attivi: anafilotossine, proteine presenti in veleni (serpenti, imenotteri)
  • Sostanze come la tiramina contenute in vari alimenti: formaggi, fico, cioccolata
  • Sostanze non chimicamente definite contenute in alimenti animali e vegetali:

     aragoste, gamberi, cozze, fragole, agrumi.

ORTICARIA DA AGENTI FISICI

Caratteristiche cliniche:

  • Estrema fugacità eruttiva (che non supera l’ora)
  • Prurito intenso

Orticaria Dermografica

Si ha comparsa di pomfi eritematosi lineari in corrispondenza di aree sottoposte a stimoli fisici, quali:  grattamento o sfregamento.

Si distingue in:

  • Dermografismo semplice: il paziente è asintomatico e non necessita di alcuna terapia
  • Dermografismo sintomatico: il paziente lamenta prurito

Quest’ultimo può essere:

– Immediato: compare entro 2-5 minuti → dura per 30 minuti

– Intermedio: compare tra 30 min-2 h → dura per 3-9 h

– Ritardato (raro): compare entro 4-6 h → dura per 24-48 h

Epidemiologia

E’ la forma più comune:

  • incidenza 7-10% di tutte le orticarie croniche → fino al 17%, in studi effettuati in Germania. Zubierber et Al, J Am Acad Dermatol 1994

Patogenesi

Dermografismo primario: (da causa non nota)

  • ipotizzata una sensibilizzazione IgE mediata dopo test di trasferimento passivo con plasma → prova di Praunitz-Kústner (PK).
  • In alcuni pz è stato osservato l’incremento dei livelli di istamina nel plasma dopo stimolo fisico.

Dermografismo secondario:  si distingue in:

  • Forme transitorie: osservate durante episodio di orticaria acuta, ® dopo assunzione di farmaci (penicillina, ASA, codeina, famotidina, lidocaina),

→ scabbia e infestazioni parassitarie, → punture di insetto.  

  • Forme persistenti: nel corso di mastocitosi cutanea.

      Kontou-Fili et Al, Allergy 1997 Phisical Urticaria: Classification and diagnosis guidelines

Diagnostica dell’orticaria Dermografica

Si può utilizzare un “dermografometro” a pressione controllata o lo stesso oggetto che ha provocato la lesione. Controllo: a  5’- 30’- 2 h   ® per le forme ritardate a 4-6 h

orticaria dermografica

Orticaria dermografica

Orticaria da freddo 

  • Nel 97% dei casi è idiopatica
  • Può essere ereditaria (a trasmissione autosomica dominante)
  • Piccoli pomfi eritematosi, scarsamente pruriginosi, che si presentano 1-2 ore dopo lo stimolo
  • Può essere associata a sintomatologia sistemica  (febbre, artralgie) e manifestazioni quali: crioglubulinemia, linfomi, leucemie, connettiviti.
orticaria da freddo

Orticaria da freddo

Orticaria da caldo o colinergica

      È provocata da:

  • Esercizio fisico sportivo
  • Stress emotivo
  • Ingestione di alimenti piccanti

Caratteristiche cliniche:

  • Piccoli pomfi eritematosi (l’istamina viene liberata per azione diretta dell’acetilcolina)
  • Prurito intenso
  • Compaiono pochi minuti dal contatto con il fattore scatenante
  • Persistono da pochi minuti a qualche ora
orticaria colinergica

Orticaria da caldo o colinergica

 

Orticaria solare

  • Insorge su zone foto-esposte, pochi minuti dopo l’esposizione solare e scompare rapidamente allontanandosi dal sole

 

Orticaria da pressione

  • Condizione rara (2% ) di tutti i tipi di orticaria
orticaria da pressione

Orticaria da pressione

ANGIOEDEMA O EDEMA DI QUINCKE O ORTICARIA-ANGIOEDEMA 

  • L’angioedema è una importante e talora grave forma di orticaria, caratterizzata da un ampio e più profondo rilievo edematoso con meno eritema, a carico della cute e/o delle mucose con tessuto lasso: labbra, palpebre, apparato genitale, lingua e vie aeree superiori.
  • Colpisce circa il 15-20% della popolazione
  • F:M  2:1
  • Età compresa tra i 30-40 aa (raro nell’infanzia e nell’età avanzata)
  • Forme ereditarie (1 caso su 100.000 ab.).
    • Forma ereditaria: grave malattia autosomica dominante, caratterizzata da episodi di angioedema del volto e degli arti, associata ad edema della mucosa orale e della laringe (possibili dolori addominali da angioedema della parete intestinale).
    • Caratteristica fondamentale è il deficit di inibitore della C1 esterasi .
  • L’angioedema è dovuto all’attivazione sinergica del sistema delle chinine e del complemento, che porta alla formazione incontrollata di peptidi ad azione edemigena diretta.
  • Il C1 inibitore è una glicoproteina che, normalmente, esercita una azione inibitrice sulla prima frazione del complemento e sul fattore di Hagemann.
  • Il deficit del C 1 inibitore può essere acquisito e si associa a malattie quali:
  • Linfoma a cellule B, connettivite (LES).

angioedema

 

ORTICARIA VASCULITE

  • In questa forma di orticaria i pomfi non hanno un andamento transitorio, ma sono persistenti nella sede di comparsa e si associano con una notevole frequenza a macchie purpuriche.
  • Queste lesioni persistono di regola  24-72 ore, talora per una settimana.
  • Sono provocati da Immunocomplessi (IC) in eccesso di Antigene, che precipitano a livello dei piccoli vasi, (venule post-capillari).
  • Sintomatologia: prurito, bruciore e dolore
  • Esiti discromici possibili
  • Possibile coinvolgimento sistemico (febbre, malessere, perdita di peso, artralgie, mialgie); interessamento specifico di organi (adenopatie, epato-splenomegalia, manifestazioni respiratorie, neurologiche, renali, oculari etc.).

Epidemiologia

  • Interessa principalmente donne giovani o di media età, è eccezionale prima della pubertà.
  • La sua frequenza in letteratura rappresenterebbe sec. Clive Grattan – J. Am. Acad. Dermatol 2002;  il 5% delle forme di orticaria cronica.
  • L’evoluzione è cronico-recidivante
    • Si manifesta come forma idiopatica, ma spesso è associata ad altre affezioni: Connettivopatie, Infezioni (Epatite B), Neoplasie.

orticaria vasculite

 

ORTICARIA CRONICA 

  • Comparsa da oltre le 6 settimane
  • Etiologia sconosciuta nell’80-90% dei casi, per questo spesso considerata idiopatica
  • Colpisce più spesso gli adulti e di sesso femminile.
    orticaria cronica

    Clive E. H. Grattan J Am Acad Dermatol 2002; 16: 645-57

 

 

PATOGENESI DELL’ORTICARIA 

  • Il ruolo centrale è svolto dai mastociti e dai mediatori vasoattivi in essi contenuti, in particolare dall’istamina.

  • Mediatori mastocitari implicati nella patogenesi dell’orticaria

    • Mediatori preformati, contenuti nei granuli dei mastociti (istamina, serotonina, triptasi, chinasi, carbossipeptidasi, fattori chemiotattici per i neutrofili e per gli eosinofili).
    • Metaboliti sintetizzati al momento della degranulazione dei mastociti, quando la membrana cellulare viene attivata da stimoli specifici, quali: leucotrieni e prostaglandine.
    • Citochine preformate e neoformate: IL-1, IL-3, IL-4, IL-5, IL-6, TNFα, IFNγ,

         GM-CSF.

    Dei mediatori mastocitari implicati nella patogenesi dell’orticaria l’Istamina, è il principale mediatore vasoattivo.

    • Il pomfo è il risultato della vasodilatazione e dell’aumento della permeabilità vasale indotta direttamente dall’istamina attraverso i recettori H1 ed in minor misura dai recettori H2, presenti sui vasi cutanei.
    • I recettori H1 attivati stimolano le terminazioni nervose sensitive, quindi: prurito e liberazione di sostanza P.
    • La sostanza P causa ulteriore vasodilatazione che clinicamente causa l’alone eritematoso
    • Triptasi e chinasi (mediatori preformati presenti nei mastociti) inducono attivazione del complemento e scindono il C3 in (C3a e C3b).
    • Il C3a è una anafilotossina che, legandosi alla membrana dei mastociti, ne stimola ulteriore degranulazione.

    Istologia dell’orticaria

    Orticaria acuta:

    • Edema del derma interstiziale, dilatazione dei vasi linfatici e venosi
    • Edema delle cellule endoteliali
    • Scarso infiltrato infiammatorio (granulociti eosinofili a disposizione perivascolare).

    Orticaria cronica:

    • Edema del derma interstiziale più cospicuo rispetto a quello dell’orticaria acuta
    • Intenso infiltrato infiammatorio costituito da granulociti neutrofili, eosinofili

         e linfociti.  

Biopsia orticaria acuta

Biopsia vasculite cronica

 

 

 

 

 

 

Diagnosi di orticaria

La diagnosi è clinica!

Gli eventuali esami di approfondimento devono essere consigliati in base ad una attenta raccolta anamanestica (anamnesi familiare, sintomi sistemici, assunzione di cibi urticanti o allergizzanti, farmaci, punture di imenoteri, etc.).

  • Oltre ad i test allergometrici mirati, il test con siero e/o plasma autologo nelle forme autoimmuni e/o ai tests per orticaria da agenti fisici;
  • Possono essere richiesti se necessari, esami di laboratorio: Emocromo con formula, PCR, VES, Marker epatite B e C, Urinocoltura,  Esame parassitologico delle feci,  Elettroforesi proteica, Immunoglobuline, C3, C4, C1 inibitore, Autoanticorpi sistemici e organospecifici, includendo i valori degli autoanticorpi antitiroide (antimicrosomiali, antitireoglobulina), LDH, Crioglobuline, Eventuale biopsia cutanea della lesione.

Terapia dell’orticaria e dell’angioedema

  • La terapia dell’orticaria, sia acuta che cronica e dell’angioedema dovrebbe essere diretta ad eliminare i fattori scatenanti specifici, se suggerita dalla storia e dalla diagnostica mirata.
  • L’uso di antistaminici, sono una terapia di prima linea per la persistenza dei sintomi, con dosi terapeutiche per il singolo paziente che massimizza il controllo dei sintomi, con effetti collaterali tollerabili.
  • Gli Antistaminici non sedativi chiamati anche di “seconda generazione”,  (Cetirizina, Fexofenadina, Ebastina, Desloratadina, Rupatadina, Bilastina) sono stati progettati tramite modifiche chimiche che ne limitano il passaggio attraverso la barriera emato-encefalica, possono indurre minimi effetti sedativi, a fronte degli  antistaminici di “prima generazione”, quali l’idrossizina e difenidramina, che comunemente inducono sedazione ed effetti anticolinergici.
  • Gli antistaminici di seconda generazione hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza a lungo termine (anche per bambini piccoli) nell’orticaria acuta, se usati su base regolare e titolati a una dose efficace nella maggior parte dei pazienti.
  • Altre terapie dirette verso i recettori istaminici (doxepina), H2 bloccanti (ad esempio, ranitidina), o una combinazione di antagonisti dei recettori H1 e H2 dell’istamina, possono essere considerati come ulteriori opzioni terapeutiche per l’orticaria acuta.
  • La terapia diretta verso altri mediatori di orticaria e angioedema (ad esempio, i leucotrieni) possono essere bersaglio di antagonisti dei leucotrieni come il montelukast, tuttavia, meta-analisi di diversi studi non ha dimostrato benefici convincenti.
  • Un breve ciclo di corticosteroidi per via orale può essere considerato, se i sintomi sono gravi o non risolvibili con gli antistaminici.
  • Studi sugli adulti hanno dimostrato che i tempi di risoluzione di una orticaria acuta è diminuita con l’aggiunta di corticosteroidi per via orale agli antistaminici.
  • A livello pediatrico la dose-effetti collaterali di corticosteroidi orali, come la soppressione surrenale e gli effetti sulla crescita o la mineralizzazione delle ossa, di solito non sono un problema per uso a breve termine (meno di 2 settimane).

Nell’orticaria cronica,

  • il primo step, è l’utilizzo di antistaminici di seconda generazione a dosaggi ottimizzati.
  • Il secondo step, prevede nei soggetti non responders, l’utilizzo associato agli antistaminici, di Corticosteroidi sistemici:
  • Trattamento con prednisone 0,3-0,5 mg/kg/die o metilprednisolone 16 mg/die per 1-2 settimane, con riduzione graduale della posologia.
  • Il trattamento con steroide è in genere efficace, ma l’uso prolungato espone il paziente a seri effetti collaterali (ipertensione arteriosa, diabete meta-steroideo, osteoporosi..).
  • Il terzo step, prevede nei soggetti non responders, l’utilizzo di agenti più potenti antinfiammatori o immunosoppressori (ad esempio, la Ciclosporina A alla dose di

3-5 mg/Kg/die), antistaminici di seconda generazione, i corticosteroidi sistemici a base dosi o se possibile sospesi.

  • Studi controllati in doppio cieco hanno dimostrato l’efficacia della ciclosporina nell’orticaria cronica (autoimmune e non) (Fradin, J Am Acad Dermatol 1991; Barlow, Eur J Dermatol 1993; Toubi, Allergy 1997; Grattan, Br J Dermatol 2000;).
  • Il trattamento dura di solito 3-6 mesi e richiede un attento controllo clinico e dei parametri di laboratorio (funzionalità renale; epatica, PA, etc.).
  • Il quarto step, stesso approccio vale per l’Omalizumab, farmaco anti IgE, nei soggetti non responders, in alternativa ala Ciclosporina, che ha dimostrato una buona efficacia in soggetti con orticaria cronica grave, spontanea, allergica, colinergica, da freddo, solare, ma è previsto l’utilizzo solo in ambulatori situati presso strutture di ricovero.

Conclusioni

Un approccio razionale alla diagnosi e terapia dell’orticaria e angioedema devono essere adottate dai medici, nonostante il fatto che in molti casi, la causa specifica della malattia può non essere evidente o confermata dai tests allergometrici o dalle prove di laboratorio. Alcune considerazioni di carattere generale, vanno sempre fatte come ad esempio se l’orticaria e/o angioedema è acuta o cronica, allergica o non allergica, o associata ad altre malattie autoimmuni sistemiche, tutto questo  può aiutare a formulare la diagnosi e orientare  la terapia in modo efficace e corretta.

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A proposito di intolleranze alimentari

La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ha voluto promuovere e sostenere la stesura di un documento condiviso con le Società Scientifiche Italiane di Allergologia ed Immunologia Clinica (AAITO, SIAAIC, SIAIP) articolo pubblicato sul “portale.fnomceo.it” su news ed eventi in data 10-10-2015”, tracciando su tali patologie di grande attualità e diffusione, i percorsi diagnostici e terapeutici fondati  su principi di efficacia, di sicurezza e appropriatezza, che traggono le basi dalle evidenze scientifiche disponibili (linee  guida  diagnostico-terapeutiche  accreditate) a garanzia della salute dell’assistito, della collettività, della professionalità del medico e della sostenibilità del SSN.

Tematiche, “come relaziona nella prefazione la Dr.ssa Roberta Chersevani, Presidente FNOMCeO” molto sentite nella popolazione generale e nella classe medica, dove purtroppo si è creata molta confusione non solo nella terminologia ma soprattutto nell’inquadramento e nell’approccio diagnostico; in modo particolare per quanto riguarda i percorsi diagnostici ove si sta assistendo, negli ultimi anni, ad una crescente offerta di metodologie diagnostiche non scientificamente corrette e validate nel campo delle intolleranze alimentari. Al riguardo si allega tra virgolette quanto riportato da questo Documento proprio sulle Intolleranze alimentari e sui Test complementari e alternativi.

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Allergie e Intolleranze Alimentari

Documento Condiviso

“Intolleranze alimentari”

Che cosa sono

Le intolleranze alimentari provocano sintomi spesso simili a quelli delle allergie, ma non sono dovute a una reazione del sistema immunitario, e variano in relazione alla quantità  ingerita  dell’alimento  non  tollerato.  Una  dieta  scorretta  o  alterazioni gastrointestinali  come  sindrome  da  intestino  irritabile,  gastrite,  reflusso  gastro- esofageo,    diverticolite,    calcolosi    colecistica    determinano    una    sintomatologia attribuita, spesso erroneamente, all’intolleranza alimentare.

Le intolleranze alimentari non immuno-mediate sono spesso secondarie quindi ad altre condizioni internistiche la cui ricerca è il vero momento diagnostico: le intolleranze alimentari si suddividono, secondo la classificazione delle Reazioni Avverse ad Alimenti, in intolleranze da difetti enzimatici, da sostanze farmacologicamente attive e da meccanismi sconosciuti come le intolleranze da additivi.

L’intolleranza al lattosio,

la più diffusa tra le intolleranze da difetti enzimatici nella popolazione generale, è causata dalla mancanza di un enzima chiamato Lattasi, che consente la digestione del lattosio, uno zucchero contenuto nel latte, scindendolo in glucosio  e  galattosio.  Interessa  circa  il  3-5%  di  tutti  i  bambini  di  età inferiore  ai  2  anni.  Nel  periodo  dell’allattamento  i  casi  di  intolleranza  sono  quasi sempre  secondari  a  patologie  intestinali  e  si  manifestano  con  diarrea,  flatulenza  e dolori addominali.

Anche nell’individuo adulto si può manifestare tale intolleranza, ed è dovuta principalmente al cambiamento delle abitudini alimentari e alla diminuzione dell’attività lattasica. Non tutti i soggetti con deficit di lattasi avvertono sintomi quando assumono un alimento contenente lattosio, perché esistono diversi gradi di deficit dell’enzima specifico. E’ stato dimostrato che la presenza e disponibilità della lattasi aumenta in relazione alla quantità di latte consumato.

Le intolleranze farmacologiche

sono determinate dall’effetto farmacologico di sostanze contenute in alcuni alimenti, quali l’Istamina (vino, spinaci, pomodori, alimenti in scatola, sardine, filetti d’acciuga, formaggi stagionati), la Tiramina (formaggi stagionati, vino, birra, lievito di birra, aringa), la Caffeina, l’Alcool, la Solanina (patate), la Teobromina (tè, cioccolato), la Triptamina (pomodori, prugne), la Feniletilamina (cioccolato), la Serotonina (banane, pomodori).

Mirtilli, albicocche, banane, mele, prugne, patate, piselli, possono contenere sostanze con un’azione simile a quelle dell’acido acetilsalicilico e quindi essere responsabili di  reazioni  pseudo-allergiche.  La loro  effettiva  importanza  clinica  è probabilmente sovrastimata.

Le intolleranze da meccanismi non definiti

riguardano reazioni avverse provocate da additivi quali nitriti, benzoati, solfiti, per i quali non è stato ancora possibile dimostrare scientificamente un meccanismo immunologico. La loro effettiva importanza clinica va attentamente valutata, con diete di esclusione e reintroduzione, prima della prescrizione di una dieta definitiva di eliminazione.

Quando sospettarle

Le intolleranze alimentari si presentano principalmente con sintomi localizzati all’apparato   gastro-intestinale,   ma   possono   coinvolgere   anche   la   cute   e   più raramente altri apparati.

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La figura sintetizza i principali quadri clinici correlabili a intolleranza alimentare.

 

La diagnosi

Poiché le intolleranze alimentari possono manifestarsi con sintomi in parte sovrapponibili a quelli dell’Allergia Alimentare, un’attenta anamnesi riveste un ruolo fondamentale nel primo approccio al paziente. L’esclusione di allergie alimentari è il primo evento diagnostico, cui segue la necessità di valutare se presenti condizioni internistiche che possono essere accompagnate dalle intolleranze alimentari non immuno-mediate. Per quanto riguarda le intolleranze da difetti enzimatici e quindi l’intolleranza al Lattosio, la diagnosi si può effettuare facilmente con il Breath Test specifico, che valuta nell’aria espirata i metaboliti non metabolizzati e assorbiti. La diagnosi di intolleranza farmacologica è essenzialmente anamnestica, mentre per le intolleranze da meccanismi non definiti può essere utile il Test di Provocazione, cioè la somministrazione dell’additivo sospettato (nitriti, benzoati, solfiti ecc.).

In sintesi l’iter diagnostico di un paziente con sospetta intolleranza alimentare dovrebbe prevedere un approccio multidisciplinare che coinvolga step by step lo specialista allergologo, gastroenterologo, per escludere patologie gastrointestinali, ed eventualmente dietologico, per la correzione delle abitudini dietetiche.

Test utili nell’accertamento di una intolleranza sono:

  • Breath Test per glucosio o lattulosio per valutazione della SIBO (sindrome da sovracrescita batterica intestinale);
  • Breath Test per lattosio per valutare l’intolleranza al lattosio.

 

Approfondimenti

Diagnosi differenziale delle intolleranze alimentari: aspetti particolari.

La sindrome sgombroide

si inquadra nell’ambito delle reazioni avverse ad alimenti come reazione di tipo tossico. E’ caratterizzata dalla comparsa di manifestazioni in parte  sovrapponibili  all’allergia  e  in  parte  all’intolleranza,  come  orticaria  o  sintomi gastro-intestinali,    tuttavia    non    è    dovuta    a    un    meccanismo    immunologico, tantomeno  alla  presenza  delle  IgE  che  sono  responsabili  delle  allergie.  Si  tratta infatti di un’esposizione eccessiva ad amine biogene (prima fra tutte, l’istamina) che, favorite dal metabolismo batterico, si liberano in grandi quantità durante il processo di  putrefazione  del  pesce,  in  particolare  sgombro  e  tonno.  Per questo  motivo,  la sindrome  sgombroide  – che  non  essendo  un’allergia  può  interessare  chiunque  –colpisce se si consuma pesce non conservato in maniera idonea.

La sindrome da sovracrescita batterica intestinale (SIBO)

è caratterizzata da livelli di flora batterica eccessivamente elevati nell’intestino tenue. Dal punto di vista clinico la contaminazione batterica intestinale si manifesta con sintomi quali dolore, meteorismo, diarrea, ed eventuali segni di malassorbimento. L’eradicazione della sovracrescita batterica del piccolo intestino determina la scomparsa di tale sintomatologia nella maggior parte dei pazienti. La diagnosi non invasiva di SIBO può essere effettuata con test del respiro (Breath Test) al glucosio. In alcuni casi la sintomatologia è simile a quella della sindrome dell’intestino irritabile (IBS), un comune disordine cronico caratterizzato da dolore addominale, meteorismo e alterazione dell’alvo. Per questo motivo la SIBO deve essere ricercata in pazienti con un quadro clinico compatibile con la sindrome dell’intestino irritabile. Alterazioni anatomiche o della motilità intestinale frequentemente predispongono all’insorgenza  di  SIBO,  come  del  resto  le  patologie  sistemiche  che  coinvolgono  il tratto  gastroenterico.  Tra  queste  ricordiamo  il  Diabete  Mellito,  l’Ipotiroidismo,  la Sclerodermia  e  l’Acromegalia  che,  attraverso  differenti  meccanismi  fisiopatologici, determinano    un’alterazione    della    motilità    intestinale.    Pazienti    affetti    da Sclerodermia o Acromegalia presentano un tempo di transito oro-cecale più lungo rispetto ai controlli sani e un’aumentata prevalenza di SIBO, associata a comparsa di sintomi  intestinali  tra  cui  meteorismo,  flatulenza  e  addominalgie.  L’eradicazione della   sovracrescita   batterica,   effettuata   con   l’uso   di   antibiotici,   migliora   la sintomatologia in questi pazienti.

La contaminazione batterica del piccolo intestino può inoltre condurre allo sviluppo di una sindrome da malassorbimento con importanti ripercussioni a carico dell’intero organismo. La SIBO infatti può determinare deficit di tutti i principali nutrienti (proteine, lipidi, carboidrati, vitamine liposolubili, vitamina B12).

Inoltre, è stato posto l’accento sul possibile ruolo della sovracrescita batterica intestinale nello sviluppo della steatosi epatica non alcolica. Infine, è stata riscontrata un’associazione tra la SIBO e la Rosacea, una comune patologia infiammatoria che colpisce la cute del viso. In questi casi l’eradicazione della SIBO ha determinato la completa guarigione delle lesioni cutanee in dei pazienti, con una differenza statisticamente significativa rispetto ai pazienti trattati con placebo.

La contaminazione batterica intestinale può inoltre influenzare i risultati del Breath Test al lattosio e quindi dare un falso positivo come risultato dell’esame. L’eradicazione della contaminazione batterica intestinale attraverso cicli di antibiotico specifico (Rifaximina) e successiva nuova colonizzazione con probiotici, normalizza i valori del Breath Test per malassorbimento di lattosio nella maggior parte dei pazienti affetti da SIBO.”

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“Test complementari e alternativi”

 

test intolleranze alimentari

Si tratta di metodiche che, sottoposte a valutazione clinica attraverso studi controllati, si sono dimostrate prive di credibilità scientifica e validità clinica. Pertanto non sono assolutamente da prescrivere.

E’ sempre più frequente il ricorso, da parte dei pazienti a test “alternativi” che si propongono di identificare con metodiche diverse da quelle basate su evidenze scientifiche i cibi responsabili di allergie o “intolleranze” alimentari. Quest’ultimo termine, nella sua accezione più rigorosa, vuole indicare ogni reazione avversa riproducibile conseguente all’ingestione di un alimento o a componenti (proteine, carboidrati, grassi, conservanti). La definizione quindi comprende reazioni tossiche, metaboliche e allergiche.

Purtroppo il termine intolleranza è sempre più frequentemente interpretato in senso generico, fino anche a indicare un’avversione psicologica nei confronti di questo o quel cibo.

La diffusione nell’utilizzo di tali metodi non validati, o più frequentemente studiati e ritenuti  inefficaci,  offerti  in  larga  misura  sul  mercato,  è  legato  a  molteplici  fattori: campagne  pubblicitarie  su  vari  canali  d’informazione;  sfiducia  nell’Evidence  Based Medicine  (EBM,  Medicina  basata  sulle  evidenze  scientifiche);  ricerca  di  miglior rapporto  medico-paziente;  ricerca  di  metodi  naturali  “soft”  nella  diagnosi  e  cura delle più svariate malattie; allergia /intolleranza alimentare vissuta come causa delle più   svariate   patologie…   Un’ulteriore   sovrastima   viene   dall’attribuzione   della patogenesi   allergica   a   svariate   patologie   (emicrania,   colon   irritabile,   orticaria cronica,  sindrome  della  fatica  cronica,  sindrome  ipercinetica  del  bambino,  artriti siero-negative,  otite  sierosa,  malattia  di  Crohn),  anche  se  non  esistono  evidenze scientifiche in proposito.

Nel Position Paper stilato dall’AAITO nel 2004 viene fatta un’attenta analisi dei test“alternativi “ presenti in commercio, indicando per ognuno le criticità presenti nella metodica stessa. Esistono metodiche alternative “in vivo” ed in vitro.

 DIFFIDARE da chiunque proponga “TEST DIAGNOSTICI di INTOLLERANZA ALIMENTARE”, per i quali MANCANO evidenze scientifiche di attendibilità.!

  • I TEST NON VALIDATI SONO:
  • Dosaggio delle IgG-4;
  • Test Citotossico;
  • Alca Test;
  • Test Elettrici (Vega Test; Elettro-agopuntura di Voll; Bioscreening; Biostrengt Test; Sarm Test; Mora Test);
  • Test Kinesiologico; Dria Test; Analisi del capello; Iridologia; Biorisonanza; Pulse Test; Riflesso Cardiaco Auricolare.

Leggere il DECALOGO allegato pubblicato dalle Maggiori Società Scientifiche, dalla Federazione dell’Ordine dei Medici e dal Ministero della Salute.!!  – Clicca qui per leggerlo

Test “in vivo“

Test di provocazione-neutralizzazione intradermico

Razionale

Può essere definita una tecnica sia diagnostica che terapeutica. Si basa sulla somministrazione per via intradermica dell’allergene o di altre sostanze e sulla successiva osservazione del paziente per un periodo variabile da 10′ a 12′ per valutare la comparsa di qualsiasi tipo di sintomatologia. Non ci sono limiti circa numero, gravità e tipologia di sintomi provocati. Questo test differisce profondamente dal test di provocazione specifico con allergene, che fa parte del bagaglio diagnostico dell’allergologia tradizionale: infatti nei test di provocazione che vengono eseguiti in ambito allergologico, vengono di norma testati allergeni singoli, a dosaggi crescenti e sempre compatibilmente con la storia clinica del paziente, monitorando la comparsa di sintomi ben precisi e valutabili con indagini strumentali (es. rinomanometria, spirometria…) ben oggettivabili.

Nella metodica alternativa in oggetto, qualsiasi sintomo, anche aspecifico, è giudicato segno d’intolleranza a quell’allergene.

Sono stati fatti numerosi studi, di cui i primi non erano controllati con placebo e quindi non attendibili. La letteratura relativa a questo test è solo descrittiva e l’efficacia viene supportata da case reports. La critica principale a questo studio viene da un ventaglio di sintomi che mal si accorda con la singola reazione a un alimento.

Da non trascurare è la potenziale pericolosità del test (essendo comunque una somministrazione s.c. di un eventuale allergene!) che ha scatenato un episodio di anafilassi in un soggetto affetto da mastocitosi.

Test di provocazione‐neutralizzazione sublinguale

Attualmente la tecnica consiste nel porre a livello sublinguale tre gocce di un estratto allergenico acquoso o glicerinato (1/100 peso/volume) e, come per la provocazione intradermica, nella valutazione di eventuali reazioni che compaiono entro un tempo massimo di 10′. Quando l’esaminatore ritiene di essere in presenza di una risposta positiva, somministra al paziente una dose di neutralizzazione di una soluzione diluita (es. 1/300.000 peso/volume) dello stesso estratto utilizzato nella provocazione.

La sintomatologia scatenata dalla provocazione dovrebbe regredire con un regredire con un tempo di latenza analogo a quello della fase di scatenamento. In Italia si è sviluppato un test che si ispira sia a questa metodica che alla kinesiologia applicata (trattata   successivamente),   chiamato   DRIA-test   e   proposto   dall’Associazione   di Ricerca  Intolleranze  Alimentari.  In  questa  variante  del  test  la  somministrazione sublinguale  dell’allergene  è  seguita  da  una  valutazione  della  forza  muscolare  per mezzo di un ergometro. Il test è considerato positivo quando compare una riduzione della forza muscolare entro 4′ dall’apposizione sublinguale dell’estratto. Il test è stato introdotto già nel 1944; gli studi successivi non sono mai stati controllati con Placebo e pertanto giudicati non attendibili. In particolare il Food Allergy Committee dell’American College of Allergists ha valutato consecutivamente per due anni, nel 1973 e nel 1974 l’uso di questo test giungendo alla conclusione che non è in grado di discriminare l’estratto alimentare dal placebo, e ne ha quindi sconsigliato l’utilizzo nella diagnostica delle allergopatie.

dria test

 

Kinesiologia Applicata

Questa diagnostica dell’allergia alimentare (utilizzata soprattutto da chiropratici) si basa su una soggettiva misurazione della forza muscolare. Il paziente tiene con una mano una bottiglia di vetro che contiene l’alimento da testare, mentre con l’altra mano spinge contro la mano dell’esaminatore. La kinesiologia-applicatapercezione da parte di quest’ultimo di una riduzione della forza muscolare indica una risposta positiva e pertanto un’allergia o intolleranza nei confronti dell’estratto contenuto nel recipiente. Alternativamente la bottiglia può essere posta sul torace del paziente o vicino allo stesso, senza tuttavia che avvenga un contatto diretto fra l’estratto di cibo e il soggetto da esaminare.

Non è mai stato documentato un interessamento dell’apparato scheletrico in corso di reazioni allergiche, inoltre il fatto che l’allergene non sia posto a diretto contatto del soggetto ma con l’intermezzo della bottiglia esclude ogni possibile spiegazione razionale.

 

 

 

Test elettrodermici (EAV elettro agopuntura secondo Voll): Vega test, Sarm test, Biostrenght test e varianti

Razionaletest elettrodermici

Questo tipo di diagnostica è utilizzata da alcuni decenni in Europa e più limitatamente anche negli Stati Uniti. Si è sviluppata a partire dalle osservazioni dell’elettroagopuntura secondo Voll sulle variazioni del potenziale elettrico in relazione al contatto con alimenti “non tollerati” o “nocivi”.

Esistono molti tipi di apparecchiature bioelettroniche non convenzionali che funzionano  in  modo  differente,  ma  in  tutti  questi  sistemi  l’organismo  viene  a trovarsi in un circuito attraverso il quale sono fatte passare deboli correnti elettriche (dell’ordine di circa 0.1 V, 7-15 mA, 7-10 Hz) oppure specifici stimoli elettromagnetici ed elettronici.

L’uso di apparecchi apparentemente sofisticati fa nascere nel paziente l’opinione che tale diagnostica sia sorretta da un’avanzata tecnologia. Peraltro il principio che una reazione allergica modifichi il potenziale elettrico cutaneo non è mai stato dimostrato. Applicazione frequentissima di queste metodiche è rappresentata dalle malattie allergiche. Vari studiosi hanno uniformemente osservato l’incapacità di tali metodiche di identificare gli allergeni responsabili per cui tale campo di applicazione dovrebbe essere escluso.

Biorisonanza

La Biorisonanza si basa sulla convinzione che l’essere umano emetta onde elettromagnetiche che possono essere buone o cattive. La terapia con Biorisonanza usa un
apparecchio che è considerato in grado di filtrare le onde emesse dall’organismo e rimandarle “riabilitate” al paziente. Onde patologiche vengono rimosse con questo processo e in questo modo può essere trattata una malattia allergica. Sfortunatamente è stato dimostrato che l’apparecchio in commercio non è in grado di misurare quel tipo di onda elettromagnetica coinvolta. Due studi recenti, effettuati in doppio cieco non sono stati in grado di dimostrare alcun valore diagnostico o terapeutico della biorisonanza sia in soggetti adulti con ribiorisonanzanite allergica che in una popolazione pediatrica affetta da eczema atopico.

 

 

 

 

 

Altri Test “In Vivo”

Iridologia;  AnalisiDel Capello;  Pulse Test;  Strenght Test;  Riflesso Cardio Auricolare

Questi test non hanno dimostrato efficacia diagnostica o, peggio, hanno già dato dimostrazione di inefficacia diagnostica e quindi anche la SIAIP, nel recente documento “Choosing Wiseley, le cose da fare ma soprattutto non fare“, comparso sulla rivista RIAIP di allergologia pediatrica a marzo 2014 ne ha fermamente sconsigliato l’utilizzo nella diagnosi di allergia alimentare.

 

Test “in vitro“

Poiché molti pazienti ritengono che i loro disturbi siano legati all’assunzione di determinati alimenti, che spesso non riconoscono, i test “in vitro“ di rapida esecuzione rappresentano un mercato in continua espansione, e vengono offerti al pubblico sotto nomi diversi e molto accattivanti, sia nelle farmacie che in laboratori privati o a volte anche convenzionati. La diffusione di tali metodiche è affidata a riviste non scientifiche, Internet, a volte anche altri media; il prezzo oscilla da 70 /80 fino a 150/200 euro. Il fatto di essere un esame “sul sangue” genera nell’utente la convinzione di aver effettuato un esame diagnostico di alta affidabilità e riproducibilità. Due sono le metodiche che vengono di solito utilizzate: Il Test di Citotossicità e la ricerca di IgG4 specifiche.

Test Citotossico

Razionale

Proposto per la prima volta nel 1956, e quindi cronologicamente prima della scoperta delle IgE, questo test si basa sul principio che l’aggiunta in vitro di uno specifico allergene al sangue intero o a sospensioni leucocitarie comporti una serie di modificazioni morfologiche nelle cellule fino alla loro citolisi.  Nel test viene fornita una scala semiquantitativa che ha nella lisi cellulare l’alterazione  più  significativa.

In  tempi  più  recenti  è  stata  anche  proposta  una versione   automatizzata   del   test,   che   si   basa   sul   principio   dei   coulter-counter (ALCAT).

In numerosi studi successivi, è stata dimostrata la non riproducibilità del test, che non riesce a discriminare i pazienti effettivamente allergici dai negativi o risultati diversi nello stesso paziente in momenti diversi.

Questo per lisi cellulare aspecifica, per interpretazione soggettiva dei risultati, per variazione nelle condizioni di esecuzione del test.

La metodica successiva automatizzata non ha dato risultati migliori, per cui l’American Academy of Allergy ha concluso che il test non è affidabile nella diagnostica allergologica e per questo test non è prevista negli Stati Uniti la rimborsabilità

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Dosaggio delle IgG 4

Tale metodica, di facile accesso in farmacie o laboratori di analisi, è attualmente un esame molto praticato. In realtà numerosi studi scientifici hanno chiaramente dimostrato che la ricerca delle IgG4 nella diagnostica delle allergie alimentari non è un test affidabile. Infatti è stato ampiamente dimostrato che il dosaggio delle IgG4 non distingue i soggetti con allergia vera IgE mediata, con conseguente grave rischio di reazione qualora non siano individuati correttamente i cibi responsabili.D’altra parte, positività di tipo IgG4 verso allergeni alimentari sono state di comune riscontro in sieri di pazienti, senza una correlazione con la storia clinica.

Il riscontro di IgG4 positive per un alimento indicano una normale risposta del sistema immunitario ad una prolungata esposizione ad allergeni alimentari.

Alla luce di tali dati, le principali Società Scientifiche di Allergologia e Immunologia Clinica (EEACI-AAAI-CSACI) sono giunte concordi ad affermare che “il dosaggio delle IgG4 specifiche NON è rilevante nella diagnostica delle  Allergie  Alimentari,  e  che quindi tale percorso non deve essere intrapreso nel work-up diagnostico di  tali patologie”.

Al termine di questa breve carrellata sulle metodiche “alternative” e la loro grande diffusione di utilizzo, occorre fare alcune riflessioni.

Tali metodiche non hanno  basi  scientifiche  dimostrate,  in  controtendenza  con  la moderna Medicina, dove si cerca di creare percorsi diagnostici e terapeutici “EBM”; pur  essendo  in  uso  da  anni,  non  ci  sono  studi  controllati  in  doppio  cieco  che  ne dimostrino l’efficacia. Esistono invece dimostrazioni della loro inefficacia.

Il  rischio  di  un  utilizzo  indiscriminato  di  metodologie  non  comprovate,  come autodiagnosi da parte del paziente o da Medici non esperti della materia, può condurre a gravi ripercussioni sulla salute del paziente.

Si pensi ad esempio al ritardo di crescita e malnutrizione in bambini che non seguono una corretta alimentazione se privati di alimenti fondamentali, senza una reale indicazione clinica; il mancato riconoscimento di un allergene pericoloso per la vita del paziente; ancora peggio, il rischio di un ritardo diagnostico di patologie più gravi, non riconosciute perché considerate “intolleranze alimentari” (Senna G. Bonadonna P. et al.; Riv. Imm. e All. Pediatrica, Dic. 2004).”

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Tabella: Principali test complementari e alternativi privi di validità per la diagnosi di allergie e intolleranze alimentari.

tabella-test-intolleranze-alimentari

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  • Carr et al. CSACI Position Statement on the testing of food specific IgG Allergy,Asthma & Clinical Immunology 2012,8-12.

 

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Pollini di interesse allergologico, guida al loro riconoscimento

L’esplosione di interesse nei confronti ‟dell’aerobiologia”, (disciplina scientifica che studia gli organismi viventi, i gas e le polveri aero-diffuse ed i loro effetti biologici sull’ambiente), ha messo in evidenza la necessità di attività integrate da condurre in equipe formate da esperti appartenenti a settori scientifici differenti, ma aventi l’ambiente atmosferico come contenitore comune di osservazione e di sperimentazione.

L’allergologia, fortemente interessata a questa problematica, ha risposto con estrema rapidità a questa opportunità, schierando sia a livello nazionale che internazionale, gruppi di ricercatori costituiti prevalentemente da allergologi, coadiuvati anche da botanici, e fisici dell’atmosfera. Fra i principali obiettivi che sono stati posti nell’ambito di questa attività, è stata messa in evidenza la necessità di produrre materiale scientifico per formare gradualmente una comune base culturale scientifica.
La stesura di questo libro, ha raggiunto lo scopo di fornire un efficace aiuto a chi opera in questo settore, con un opera rivolta principalmente a coloro che hanno il compito del riconoscimento dei pollini allergenici campionati in atmosfera durante il periodo di fioritura, dato che essi rappresentano uno dei più importanti fattori ezio-patogenetici delle malattie respiratorie allergiche, quali la congiuntivite, la rinite e l’asma bronchiale.

In modo peculiare questo testo offre un’ampia iconografia dei granuli pollinici, fotografati con il microscopio, visti nelle diverse proiezioni e focalizzazioni, così come si presentano all’operatore, dopo aver completato la fase di campionamento atmosferico e di preparazione dei vetrini, pronti per la lettura e l’elaborazione delle mappe polliniche. Quindi una guida pratica ed esaustiva atta al riconoscimento dei pollini campionati in atmosfera.

Inoltre il testo è correlato da informazioni botaniche indispensabili per un corretto inquadramento classificativo dell’argomento in esame, di per sé tradizionalmente complesso per quanti operano nel settore bio-sanitario.
Nella stesura del libro si è preferito seguire un ordine tassonomico alfabetico con la presentazione prima delle famiglie delle piante, con successiva descrizione dei generi e delle specie considerate, riportando per le specie, oltre al nome scientifico, anche il nome volgare italiano ed il nome volgare inglese, con le immagini dei relativi pollini e dei periodi di fioritura nelle varie regioni italiane.
Il libro è anche correlato: 1) di una guida pratica al riconoscimento dell’esina dei granuli pollinici, 2) di una scheda tassonomica delle piante allergeniche, 3) di un glossario botanico e palinologico. Tutto questo permette a chi si accosta allo studio dell’aerobiologia, un più facile approccio alla identificazione e classificazione dei pollini allergenici presenti in italia.
Le applicazioni in allergologia dello studio dei pollini in atmosfera, sono diverse ed attengono:
Alla diagnosi: il monitoraggio pollinico serve per correlare le presenze polliniche con l’anamnesi del paziente e con le risposte dei tests allergometrici.
Alla prevenzione della pollinosi: in quanto dal monitoraggio pollinico si possono ricavare criteri di previsione di fioritura, nella diverse aree geografiche, potendo così evitare ai pazienti esposizioni in grado di provocare sintomi clinici respiratori anche gravi.
Al il controllo clinico: la conoscenza delle concentrazioni di determinati pollini sono importanti per valutare: le variazioni dello score dei sintomi di rino-congiuntivite e/o di asma dei pazienti, quindi delle variazioni dei parametri fisiopatologici respiratori ed immunologici.
Al settore della terapia: il monitoraggio pollinico è un utile guida all’allergologo per un adeguato trattamento del paziente sia farmacologico che di immunoterapia specifica.
Alla ricerca: il monitoraggio aerobiologico dei pollini, si è rivelato fondamentale per effettuare studi programmati in doppio cieco contro placebo, mono o multicentrici, circa l’efficacia dei farmaci che dell’immunoterapia specifica.

 

 

BETULACEAE

Specie Betula alba  Betulla bianca o Betulla verrucosa – Silver Birch
Questo albero molto resistente al gelo, originario dell’Europa e del Sud-Est asiatico, cresce spontaneo in boschi radi dei piani collinare e montano. In Italia si ritrova facilmente nelle zone prealpine e nella pianura padana. Viene anche coltivato a scopo ornamentale nei giardini.

  • Fioritura:  Marzo – Maggio
  • Impollinazione: Anemofila

Polline:
Granulo isopolare, prevalentemente suboblato, triporato. In visione polare ha profilo circolare con 3 pori vestibolati e sporgenti in posizione equatoriale. In visione equatoriale i pori sono circolari e circondati da un annulus. La parete dell’esina è sottile con superficie liscia e si inspessisce intorno ai pori a formare gli aspides. L’intina, sottile, forma sotto i pori onci lievemente convessi.
Dimensioni: medio-piccole (diametro maggiore 21-23 µ).

Note: I pollini di tale pianta sono considerati molto allergenici.

betullacee

 

CORYLACEAE

Genere  Corylus
Specie  Corylus avellana L.   Nocciolo – Hazel, Cob-nut
Pianta arbustiva presente in tutta Europa e diffusa allo stato spontaneo in tutte le regioni italiane, in boschi misti e siepi montani e submontani. Viene coltivato soprattutto in Campania, Sicilia e Piemonte per la produzione del frutto. Le foglie sono alterne, arrotondate, con estremità appuntite e margini seghettati. I fiori sono monoici; le infiorescenze maschili sono amenti penduli di colore giallo-bruno, quelle femminili sono simili a minuscole gemme brune con stigmi cremisi. I frutti sono noci avvolte da una brattea fogliacea dentata.

  • Fioritura: Febbraio – Marzo
  • Impollinazione: Anemofila

Polline
Granulo isopolare, da suboblato a sferoidale, triporato. In visione polare ha profilo subtriangolare con 3 pori privi di vestibolo sul piano equatoriale. In visione equatoriale i pori sono piccoli, circolari, con annulus. La parete dell’esina è sottile con superficie scabrata e forma aspides intorno ai pori. L’intina sottile forma onci molto convessi sotto i pori.
Dimensioni: piccole, medio-piccole (diametro maggiore 18-22 µ).

Note: I pollini di tale pianta sono considerati allergenici

corylacee

GRAMINACEAE

Genere  Holcus  Comprende 8 specie delle quali 2 maggiormente rappresentate perchè coltivate per foraggio: H. lanatus e H. mollis.
Specie  Holcus lanatus  Bambagiona, Velvet grass, Yorkshire Fog
Erba perenne, vive in Europa, Asia e Africa boreale.
Ha fusto e foglie coperti da peli brevi, grigiastri e vellutati al tatto ed è diffusa in tutta Italia in prati e campi come erba spontanea o foraggiera.

  • Fioritura: Maggio – Agosto
  • Impollinazione: Anemofila

Polline
Granulo eteropolare, prevalentemente sferoidale, monoporato. In visione equatoriale ha profilo ovoidale con un poro opercolato sul polo distale. In visione polare il poro è circolare ed è circondato da un annulus. L’esina è sottile, con superficie scabrata. L’intina è sottile e si inspessisce intorno al poro. Il citoplasma è finemente granulare.
Dimensioni: medio-piccole (diametro maggiore 25-28 µ).

Note: Il polline di questa pianta è considerato allergenico.

graminacee

PLANTAGINACEAE

Famiglia di piante dicotiledoni, erbacee,  raramente arbustacee, comprendenti  3 generi: Plantago; Litorella; Bougueria.
Genere  Plantago  Erbe cosmopolite distinte in 250 specie delle quali 16 presenti in Italia.
Specie  Plantago lanceolata  Lanciola, Lingua di cane, Petacciuola,  English Plantain, Ribwort
Pianta erbacea cosmopolita, perenne, è presente in tutta Italia nei prati e nei luoghi erbosi umidi, fino al piano alpino. Le foglie sono basali, lanceolate, percorse da 3-5 nervature evidenti, con margini interi o raramente dentati. Le infiorescenze sono disposte in spighe scure terminali, ovoidali, costituite da molti fiori. I frutti sono noci contenenti 2 semi.

  • Fioritura: Aprile – Ottobre
  • Impollinazione: Anemofila

Polline    
Granulo apolare, sferoidale, pantoporato (8-14 pori). I pori sono circolari, prominenti, opercolati, disposti regolarmente su tutto il granulo. L’esina è sottile con superficie verrucata e si inspessisce attorno ai pori a formare l’annulus. L’intina è sottile.
Dimensioni: piccole (diametro maggiore 16-18 µ).

Note: Polline simile si riscontra in altre specie del genere Plantago. Il polline di questa pianta è considerato allergenico.

plantaginacee

CHENOPODIACEAE

Famiglia di piante erbacee, dicotiledoni, a cui appartengono 102 generi con 1400 specie.
Genere  Chenopodium
Comprende 80 specie, delle quali 14 presenti in Italia. Sono erbe con foglie alterne e fiori piccoli, verdognoli, in glomeruli.
Specie Chenopodium album   Farinaccio selvatico – Lamb’s quarters
E’ una pianta annuale, eretta, dall’aspetto farinoso perchè coperta da peli bianchi e bassi, dalle foglie alterne, variabili per forma e dimensioni, a margine intero o con pochi denti irregolari. I fiori ermafroditi formano infiorescenze a grappolo. Cresce spontanea in qualsiasi terreno abbandonato, ma è frequente anche nei campi coltivati.

  • Fioritura: Luglio – Ottobre
  • Impollinazione: Anemofila

Polline
Granulo apolare, sferoidale, periporato. Ha da 40 a 70 pori sparsi su tutta la superficie, circolari, con opercolo, disposti abbastanza regolarmente, tali da conferire al granulo un aspetto a “palla da golf”. La parete dell’esina, con superficie finemente granulare, è di spessore medio all’interporo e si assottiglia intorno ai pori conferendo alla parete esterna aspetto ondulato. L’intina è sottile.
Dimensioni: medio-piccole (diametro maggiore 24-28 µ).

Note:  Il polline di questa pianta è considerato allergenico.

chenopodiacee

 

URTICACEAE

Specie Parietaria judaica Erba vetriola, Pellitory of the wall
Questa erba cresce su vecchi muri, ruderi, margini stradali, anfratti rocciosi, in luoghi prevalentemente soleggiati. E’ presente in Gran Bretagna, nella Penisola Iberica e lungo le coste mediterranee, maggiormente in Italia meridionale e nelle isole. Le foglie sono alterne, picciolate e con margine liscio, su fusti pelosi, cilindrici, rossastri, eretti o ramificati. I fiori, minuti, sono disposti in glomeruli ascellari e sono circondati da brattee brevemente saldate alla base. Il perianzio dei fiori femminili ha segmenti strettamente lanceolati, il perianzio dei fiori ermafroditi è tubuloso quando è presente il frutto. I frutti sono acheni ovoidi.

  • Fioritura Marzo – Ottobre
  • Impollinazione Anemofila

Polline
Granulo isopolare, da sferoidale a suboblato, tri o tetraporato. In visione polare il contorno è circolare, con 3-4 pori in posizione equatoriale. In visione equatoriale i pori sono circolari, piccoli, opercolati. L’esina è sottile, con superficie psilata o scabrata. L’intina è sottile e si inspessisce sotto i pori a formare onci molto convessi.
Dimensioni: piccole (diametro maggiore 15-16 µ).

Note: Polline simile si riscontra in altre specie del genere Parietaria e nel genere Urtica. Il polline di tale pianta è considerato molto allergenico.

urticacee

 

 

 

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Le allergie alimentari oggi, con la diagnostica molecolare

REAZIONI AVVERSE AD ALIMENTI

reazioni-avverse-alimenti

EAACI Position Paper Food Allergy Subcommitee Allergy

Reazioni da intolleranza ai cibi
(non allergiche)

Farmacologiche

⦁ Glutamato monosodico (sindrome del ristorante cinese) (bruciore diffuso, cefalea, ansia, oppressione toracica)
⦁ Cibi rilascianti istamina
⦁ Amine vasoattive contenute nei cibi
⦁ Additivi dei cibi (asma, orticaria, cefalea)

Enzimatiche

⦁ Intolleranza al lattosio
⦁ Intolleranza all’alcool
⦁ Deficit di G6PD (favismo)

Allergia alimentare

⦁ Allergia IgE-mediata
⦁ Allergia non-IgE-mediata (morbo celiaco)

ALLERGENI ALIMENTARI

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PREVALENZA DELL’ALLERGIA ALIMENTARE

⦁ Le linee guida NIH del dicembre 2010 indicano che il 50 – 90% delle presunte allergie alimentari non vengono poi confermate come vere allergie.
⦁ L’Allergia Alimentare è spesso confusa con l’intolleranza.
⦁ Una precoce diagnosi comporta una miglior gestione del paziente.
⦁ Studi europei evidenziano:
⦁ Nei bambini una prevalenza di allergia compresa tra 0,3 e 7,5%
⦁ Negli adulti 1-2%

QUADRI CLINICI DELL’ALLERGIA ALIMENTARE

SINTOMI DELL’APPARATO DIGERENTE

⦁ Edema delle labbra e della lingua, afte
⦁ Nausea, vomito, spasmi esofagei, coliche, gastrite acuta, diarrea, meteorismo, ecc.

SINTOMI SISTEMICI

⦁ Cute: Orticaria, edema angioneurotico
⦁ Vie respiratorie: Rinite, asma bronchiale
⦁ Apparato cardiocircolatorio: Ipotensione arteriosa, shock anafilattico

Anafilassi da cibo

⦁ Il 50% delle anafilassi afferenti al DEA sono indotte da cibo (Clark, 2004)
⦁ Nei paesi anglosassoni: prevalenza di reazioni gravi ad arachidi e noci.
⦁ Nella Europa del Sud: prevalenza di reazioni gravi a frutta e verdura fresca.
⦁ Il 90% delle anafilassi mortali da cibo si verificano in pazienti con allergia alimentare nota (Bock, 2003).

VARIAZIONI GEOGRAFICHE DELL’ANAFILASSI DA ALIMENTI

variazioni_geografiche_anafilassi_alimenti

ITA: Asero R et al IAAI 2009; USA: Bock SA. JACI 2007 UK. Pumphrey R. JACI 2007; GER: Hompes S. PAI 2011

Studio relativo alla Anafilassi in Italia indotta da alimenti

anafilassi-da-alimenti

Gli allergeni nascosti possono causare reazioni anafilattiche

Alcuni esempi:

⦁ Arachidi: nel cioccolato, caramelle, pasticceria
⦁ Semi di soia: negli hamburgers, carne macinata
⦁ Noci: nei gelati, pasticceria, cioccolato
⦁ Uova: nella pasta, polpette

Normative EU

Gli alimenti qui indicati, se contenuti come ingredienti, devono essere dichiarati sull’etichetta: Latte; Uovo; Arachidi; Grano; Soia; Noci; Molluschi; Pesce; Sedano; Senape; Semi di sesamo; Solfiti.

La Diagnostica Molecolare nell’Allergia Alimentare

ImmunoCAP ISAC ®immunocap

Sistemi multiplex microarray

 

 

 

 

Diagnostica Molecolare nei pazienti poli-sensibili

Determinare la reale rilevanza clinica di un singolo allergene
Delineare un profilo di reattività individuale
Chiarire se positività multiple o (cross-reattività)

Valutazione del rischio verso allergeni alimentari

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Stabilità delle proteine

proteine_stabilit

 

Allergia Molecolare – Profiline

Panallergeni che mostrano grande omologia e cross-reattività anche con specie vegetali scarsamente correlate (tra pollini); (tra pollini e alimenti); Sono proteine citosoliche di 12-15 kDa contenute nelle cellule eucariote, raramente si associano a sintomi clinici di oculorinite.Positività nel 20-40% dei pz con pollinosi Bet v 2; (Marker)

Molecole omologhe nei Pollini: Coda di topo (Phl p 12); Assenzio (Art v 4); Ambrosia (Amb a 8); < omologia con: < Olivo (Ole e 2); < Parietaria (Par j 3); < Cipresso (Cup s 8).
Molecole omologhe negli Alimenti: Pesca (Pru p 4); Pera (Pyr c 4); Prugna (Pru d 4); Mela (Mal d 4); Melone (Cuc m 2); Ciliegia(Pru av 4); Banana (Mus a 1); Pomodoro (Lyc e 1); Peperone (Cap a 2); Sedano (Api g 4); Anguria (Cit la 2); Prezzemolo (Pet c 2); Patata (Sola t 8); Uva (Vit v 4); Ananas (Ana c 1); Nocciola (Cor a 2); Arachidi (Ara h 5); Fragola (Fra a 4); Soia (Gly m 3); Carota (Dau c 4).
Termolabile, gastrolabile, clinicamente in alcuni pazienti può indurre dopo assunzione di alimenti crudi e freschi (SOA).
Basta testare una proteina marker (Bet v 2) per diagnosticare o escludere la sensibilizzazione alle profiline.

Allergia Molecolare – PR-10

PR-10 – proteine con funzione biologica di trasportatori degli steroidi vegetali – Bet v1 (Marker)
molecole omologhe nei pollini: Ontano (Aln g1); Nocciolo (Cor a1); Carpino (Car b 1);
molecole omologhe negli alimenti: (termolabili e gastrolabili) possono indurre se ingerite (crude e fresche) reazioni locali (SOA): Mela (Mal d 1) (Marker); Pesca (Pru p 1); Pera (Pyr c 1); Ciliegia (Pru av 1); Prugna (Pru d 1); Albicocca (Pru ar 1); Arachide (Ara h 8); Castagna (Cas s 1); Kiwi (Act d 8); Fragola (Fra a 1); Lampone (Rub i 1); Pomodoro (Lyc e 4).
molecole omologhe negli alimenti: (stabili) (perché protette da fosfolipidi) possono provocare orticaria/angioedema e/o reazione sistemica: Sedano (Api g 1); Carota (Dau c 1); Nocciola (Cor a 1); Semi di soia (Gly m 4).
⦁ Durante la stagione di fioritura è stato documentato a livello della mucosa intestinale di soggetti allergici alla betulla, un aumento di eosinofili, mastociti e cellule dendritiche che si associano ad esofagite eosinofila e sintomi gastro-intestinali.
Utile testare le IgE verso i marker (Bet v 1) e (Mal d 1).

Allergia Molecolare – LTP

⦁ Lipid Transfer Protein (LTP) – Proteine di trasferimento lipidico, presenti in alimenti vegetali e pollini, resistenti al calore ed alla digestione, in grado di causare reazioni anche a cibi cotti.
⦁ Contenute sia:
⦁ nella buccia della frutta fresca (Rosacee), in particolare nella peluria, possono indurre sensibilizzazioni anche per via respiratoria o per contatto.
⦁ nella frutta secca.
Sono responsabili di sintomi sistemici e reazioni gravi, le Rosacee in prevalenza nel sud Europa (Italia e Spagna).

Esiste solo una LTP ?

Non basta essere sensibilizzato all’LTP per avere anticorpi contro TUTTE le LTP..!!!!

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LTP nella Famiglia delle Rosaceae

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LTP – Frutta e noci

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Markers e Molecole omologhe

Allergia alla nocciola

La nocciola rappresenta un’importante causa di allergia alimentare sia nei bambini che negli adulti.
La manifestazione dell’allergia alla nocciola è molto variabile presentando a volte sintomi lievi ma anche reazioni sistemiche.
La gravità della reazione è dipendente dal tipo di componente molecolare allergenica a cui il paziente è sensibilizzato.
L’iter diagnostico corretto per verificare la presenza di una sensibilizzazione verso la nocciola deve contenere sia:

PR-10 e profiline, che rappresentano le famiglie principalmente responsabili della SOA,
LTP e proteine di deposito, responsabili di reazioni più gravi.

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Allergia Molecolare a proteine di deposito

 

Caratteristiche:
⦁ allergeni estremamente stabili;
⦁ sensibilizzazione sia per via gastrointestinale che respiratoria;
⦁ resistenza alla pepsina e al calore;
⦁ Spesso associate a reazioni sistemiche.

Comprendono:
⦁ 2S Albumine
⦁ Superfamiglia delle cupine:
-Viciline (7S globuline)
-Legumine (11S globuline)

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Le proteine di deposito della frutta secca non sono affatto omogenee, quindi limitatamente cross-reattive

Mastoff L e coll. hanno valutato la presenza di co-sensibilizzazione e cross reattività all’arachide in 161 soggetti sensibilizzati alla nocciola.
Il risultato dello studio ha evidenziato che:
Le allergie alla nocciola e all’arachide possono coesistere. Non sono il risultato di una cross-reattività. La cross-reattività tra le proteine di deposito è molto limitata, dimostrata dagli Autori attraverso studi di “CAP-inibizione”.Il dosaggio di più proteine può dare chiare indicazioni diagnostiche. Cor a 14 e Ara h 2 sono i markers di gravità altamente specifici per nocciola e arachide rispettivamente. (Allergy  2014;70 (3): 265-74).
Hasegawa M e coll. dimostrano la cross reattività tra anacardo e pistacchio con studi di “CAP-inibizione”,evidenziando la necessità di considerare il rischio di entrambi le allergie nei soggetti allergici
all’anacardo (Allergology International 2009;58:209-215). Savvatianos S e coll. dimostrano che Ana o 3 è un eccellente marker sia per l’allergia all’anacardo che al pistacchio. I dati vengono presentati in modo analitico e molto esaustivo sia in forma di curve ROC che con sensibilità e specificità riportati in tabella (JACI 2015 in press).

Classificazione delle proteine del Grano

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Allergia molecolare – Grano

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Tri a 14 (LTP) del grano è il principale allergene respiratorio
dell’asma dei panettieri, (sensibilizzazione inalatoria); Nessun paziente con baker‘s asma, aveva sintomi da ingestione di grano. Cross reattività con LTP della pesca solo in alcuni pazienti.

Tri a 19 (ω 5 Gliadin)
Proteina di deposito e allergene maggiore del grano. Responsabile di gravi reazioni immediate o di fenomeni di anafilassi al grano indotti da esercizio fisico (entro 3 ore dall’ingestione). Si ipotizza che l’attivazione della transglutaminasi nella mucosa intestinale durante l’esercizio fisico, possa portare alla formazione di complessi (peptide-tTG) responsabili di reazioni anafilattiche.

Tali manifestazioni cliniche sono IgE mediate e non hanno alcun ruolo patogenetico nei confronti della malattia celiaca.

Allergia Molecolare – l’utilità clinica del dosaggio dell’omega 5 gliadin

Identificare pazienti a rischio di sviluppo di anafilassi al grano in
relazione all’esercizio. Identificare pazienti (bambini) a rischio di sviluppo di reazioni severe e immediate al grano.

Allergia Molecolare – Soia

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L’allergia alla soia può essere dovuta:
alla sensibilizzazione primaria alla soia: Gly m 5/6 ;
a cross reattività con pollini (Gly m 4) – (betulla correlati)(Pr -10); come omologia molecolare della vicillina e legumina delle arachidi rischio di reazioni severe.
Pazienti allergici a polline di betulla (Bet v 1) con positività a (Gly m 4) sono a rischio di reazioni sistemiche in determinate circostanze, (x.es.) se vengono assunte bevande alla soia durante la stagione pollinica in
combinazione con esercizio fisico.
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Allergia Molecolare – Kiwi

 

Act d 1 – (actinidina), marcatore genuino di sensibilizzazione al Kiwi.

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Allergia Molecolare – Latte

 

 

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Caseina (Bos d 8) (Marker) – il 90% dei bambini allergici sviluppano anticorpi IgE verso la caseina. Molecole omologhe con identità sequenziale del 90%: Capra (Cap h caseina); Pecora (Ovi a caseina S2);
Bufala (Bub b caseina). Rischio di reazioni gravi anche con latte cotto, normalmente non vi è sviluppo di tolleranza;
Alfa-lattoalbumina (Bos d 4); Beta-lattoglobulina (Bos d 5); Bovino-sieroalbumina (Bos d 6)
Essenzialmente reazioni moderate, tolleranza con latte cotto, sviluppo di tolleranza entro 4 anni.

Allergia Molecolare – la differenza nella diagnosi di allergia al latte

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Allergia Molecolare – Uovo

allergia_uovo

Ovomucoide Gastro e termo-stabile
Ovoalbumina Utilizzata nei vaccini anti influenzali
⦁ Ovotransferrina (Conalbumina)
Lisozima Allergene nascosto. Costituisce il 3,5% delle componenti dell’albume. Frequentemente utilizzato nelle preparazioni alimentari come conservante e additivo (formaggi a pasta dura), per prevenire la formazione di colonie batteriche.
⦁ Il lisozima, rappresenta un rischio per i pazienti non essendo, di norma, segnalato adeguatamente tra gli ingredienti.

Allergia Molecolare – la differenza nella diagnosi di allergia all’uovo

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Allergia Molecolare – Pesce

Carpa (Cyp c 1) (Marker) – le parvalbumine sono (C.B.P.) molto stabili.
La parvalbumina purificata della carpa reagisce con le IgE specifiche di più del 95% di soggetti allergici al pesce e contiene l’83% degli epitopi presenti in altre specie di pesci.
Molecole omologhe sono presenti nel:
⦁ Merluzzo (Gad c 1); Merlano nero o (merluzzo nero) (The c 1); Tonno (Thu a 1 ); Salmone (Sal s 1); Aringa (Clu h 1); Anguilla (Ang j 1); Pagello (Evy j 1) Rombo (Lep w 1); Sardina (Sar sa 1); Pesce persico (Seb m 1); Maccarello o sgombro (Sco s 1); Pesce spada (Xip g 1); Rana (Ran e 1).

Allergia Molecolare – Crostacei Tropomiosina

Gamberi, aragosta, granchi, lumaca, molluschi, (Pen a 1) Tropomiosina(Marker) Riconosciuto da + dell’ 80% degli allergici.
Stabile al calore e alla digestione, elevato è rischio di reazioni sistemiche. E’ omologo della Tropomiosina dell’acaro D.P. (Der p 10).

 

Cross-reactive Carbohydrate Determinants (CCDs)

Tutti i prodotti naturali contengono un elevato numero di proteine differenti alcune di queste sono glicoproteine
⦁ Tra le glicoproteine alcune sono allergeni noti
Tra gli epitopi di questi allergeni alcuni sono formati da catene di carboidrati
⦁ Tra questi glico epitopi alcuni sono inclini a cross reagire con catene di glicani presenti in altri allergeni, e a comportarsi come i CCD
Se i CCD abbiano o meno un ruolo clinico non è chiaro

Quando testare le IgE CCD-specifiche?

Eseguire un test per CCD (MUXF3) risulta utile quando i risultati dei
tests in vitro non concordano con il profilo clinico (sintomi, SPT),
specialmente nelle seguenti situazioni:
⦁ sensibilizzazione ad alimenti di origine vegetale, soprattutto verdura e frutta, ma anche semi come arachidi;
sensibilizzazione al lattice in pazienti allergici a pollini senza fattore di rischio occupazionale;
⦁ in soggetti risultati positivi per veleno di imenotteri, o in soggetti allergici ai veleni e risultati positivi per pollini.

Allergia Molecolare alimenti: come procedere nella pratica clinica

Identificazione delle fonti allergeniche responsabili della sensibilizzazione
Storia clinica
Esecuzione dei SPT per singoli allergeni con alimenti commerciali e/o freschi
Se non si è in grado di individuare quali sono gli allergeni coinvolti nella
sensibilizzazione del paziente
IgE specifiche per molecole allergeniche
⦁ Perché fare una indagine molecolare?
Ottenere una miglior valutazione diagnostica
Capire se il paziente è affetto da allergia alimentare vera o cross
reattiva
Capire la natura dell’allergia alimentare (co-sensibilizzazione o
co-riconoscimento)
C) Valutazione del rischio di pericolosità
In base alla gastro-termolabilità e/o gastro-termostabilità del singolo
allergene
⦁ Indicazioni dietetiche personalizzate sul profilo di rischio del paziente.

AM il razionale: Chi, Perchè e Quale vantaggio

⦁ Chi testare?
⦁ Pazienti con estratto allergenico completo positivo
⦁ Paziente da sottoporre a challenge
⦁ Pazienti in follow up prima della reintroduzione dell’alimento
⦁ Perchè testare con AM?
⦁ Fare una diagnosi differenziale
⦁ Evitare numerosi challenges orali
⦁ Formulare prognosi sulla severità della reazione
⦁ Quale vantaggio l’AM comporta al clinico?
⦁ Dare chiare indicazioni dietologiche
⦁ Evitare inutili restrizioni alimentari
⦁ Fornire indicazioni prognostiche
⦁ Controllo farmacologico

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Le allergie respiratorie oggi, con la diagnostica molecolare

Premessa: perché inviare il paziente all’allergologo ?

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Per formulare una “Diagnosi di causa” cioè:

Individuare l’agente esterno responsabile  della patologia, attraverso la dimostrazione del nesso di causalità tra:

  • sintomatologia, riscontri obiettivi di sensibilizzazione. esposizione all’allergene.

Questo consente di intervenire sulla malattia, mediante:

  • la prescrizione di norme di profilassi ambientale
  • una migliore scelta di terapia farmacologica
  • una mirata immunoterapia desensibilizante.

Percorso diagnostico delle malattie IgE-mediate

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PRINCIPALI COMORBILITA’ della RINITE ALLERGICA

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Principali sensibilizzazioni verso allergeni inalanti in Italia

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The Polysmail Study – European Annals Allergy Clinical Imm 2

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I Polisensibili

La storia naturale dell’allergia respiratoria è comunemente caratterizzata da:

  • un peggioramento della gravità dei sintomi
  • frequente comorbilità di rinite e asma
  • polisensibilizzazioni verso aeroallergeni

Il fenomeno della polisensibilità inizia fin dall’infanzia.

  • Studi epidemiologici e trials clinici indicano che il 51-81% dei pazienti allergici è polisensibile;
  • In questo contesto si inserisce il dato italiano di riscontro di polisensibilizzazione in circa il 72% dei soggetti esaminati.

-The Polysmail Study – European Annals Allergy Clinical Imm 2008

La Polisensibilizzazione

  • CO-SENSIBILIZZAZIONE:

presenza di IgE dirette verso epitopi distinti e unici presenti in fonti allergeniche diverse

  • CO-RICONOSCIMENTO (cross-reattività):

presenza di IgE verso molecole omologhe presenti in fonti allergeniche diverse

Le molecole allergeniche possono essere:

  • “genuine”, specie specifiche, presenti esclusivamente in una fonte (pollini, acari, alimenti), ® indicano una sensibilizzazione reale (ad es. verso quello specifico polline, acaro o alimento)
  • “panallergeni”, presenti in fonti anche molto diversi (pollini, acari e alimenti),

• indicano la presenza di cross-reattività (ad es. tra vari pollini, vari alimenti e/o tra pollini e alimenti,  acari e alimenti).

Caratteristiche e selezione dei pazienti affetti da allergia respiratoria

Poiché la maggior parte dei pazienti allergici sono polisensibilizzati (72%)

  • è importante come prima indagine effettuare:
  • la diagnostica tradizionale, con estratti allergenici naturali standardizzati

Confrontandoli sia ai: dati clinici, che aerobiologici

Sui Pazienti con pattern e sintomi respiratori non chiari: effettuare la diagnostica molecolare.

Diagnostica allergologica con dosaggio delle IgE specifiche

La metodica tradizionale di dosaggio delle IgE specifiche si basa sulla utilizzazione di estratti naturali di: pollini, acari, alimenti allergenici.

  • contenuto: ogni estratto è una miscela eterogenea di proteine allergeniche maggiori e minori, e proteine non allergeniche;
  • nel processo produttivo: alcuni allergeni possono andare incontro a parziale degradazione durante il processo di estrazione;
  • cross-reattività: le fonti biologiche possono contenere allergeni con forte potenziale di cross reattività.

Questi sono i motivi della non adeguata affidabilità diagnostica dei test finora praticati.

  • Allo scopo di migliorare la qualità della diagnostica allergologica, sono state introdotte metodologie basate sull’uso di proteine allergeniche ricombinanti o native altamente purificate (ImmunoCAP-A.M.).

La Diagnostica Molecolare nell’allergia respiratoria

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Nei pazienti poli-sensibili è utile per:

  • Determinare la reale rilevanza clinica di un singolo allergene
  • Delineare un profilo di reattività individuale
  • Chiarire se vi sono positività multiple o (cross-reattività)

Diagnostica Molecolare – il razionale nell’allergia respiratoria:

“Chi, Perchè e Quale vantaggio”

1. Chi testare?

  • Pazienti positivi ad estratti naturali allergenici
  • Pazienti poli-sensibili sia verso inalanti e/o alimenti
  • Pazienti con pattern e sintomi respiratori non chiari

2. Perchè testare con D.M.?

  • Formulare una diagnosi differenziale
  • Definire il reale profilo di sensibilizzazione del paziente
  • Ottenere una migliore gestione del paziente

3. Quale vantaggio la D.M. comporta al clinico?

  • Definizione mirata della ITS (o altra terapia)
  • Supporto nell’indicazione di eliminazione dell’allergene
  • Suggerimenti per le reazioni di cross-reattività

 

Nella diagnostica allergologica, oggi come procedere ?

A) IDENTIFICAZIONE DELLE FONTI ALLERGENICHE PRIMARIE

  • Storia clinica (la sensibilizzazione esclusiva ad allergeni cross-reagenti, (panallergeni), è spesso clinicamente silente);
  • Skin test, con estratti allergenici naturali, eventuali IgE specifiche;

   ♦ nei pazienti polisensibili con pattern e sintomi respiratori non chiari

  • IgE molecolari verso allergeni genuini (marker primari):

     (1) Phl p 1; (graminacee)             (7) Art v 1; (assenzio)

     (2) Phl p 5; (graminacee)            (8) Amb a 1; (ambrosia)

     (3) Bet v 1; (betulla)                      (9) Der p 1; (dermatophagoides)

     (4) Cup a 1; (cipresso)                 (10) Der p 2; (dermatophagoides)

     (5) Par j 2; (parietaria)               (11) Fel d 1; (gatto)

     (6) Ole e 1; (olivo)                         (12) Alt a 1; (alternaria)

B) IDENTIFICAZIONE DI MOLECOLE ALLERGENICHE CROSS-REATTIVE

  • IgE molecolari verso pan-allergeni

– 1) C.B.P. (Phl p 7) (Marker)Bet v 4; Par j 4; Amb a 9; Art v 5; Ole e 3; Cup a 4.

– 2) Profilina (Bet v 2) (Marker)→ Phl p 12; Par j 3; Ole e 2; Art v 4; Amb a 8.

– 3) Tropomiosina (Der p 10) · Omologo (Pen a 1) → (Crostacei, Molluschi, Mitili, Anisakis).

♦ SCELTA DELLA TERAPIA IDONEA

Con la Diagnostica Molecolare il laboratorio di Patologia Clinica

  • Può eseguire ‟su richiesta del Medico” ancora le IgE specifiche verso i classici allergeni estrattivi naturali degli inalanti;
  • Ma se i pazienti risultano, (questo in prevalenza) polisensibili, ha l’obbligo dal punto di vista clinico ed etico, di effettuare la diagnostica molecolare e quindi di chiarire al Medico richiedente, se trattasi di: co-sensibilizzazioni; (o) di cross-reattività.

 

Selezione dei pazienti polisensibili

In caso di co-sensibilizzazioni e non di cross-reattività

  • l’ITS è indicata se si può individuare un allergene (o al massimo due allergeni) di maggiore rilevanza clinica che evocano:
  • manifestazioni cliniche di particolare intensità e durata (rinite e/o asma)
  • non ben controllate dalla terapia farmacologia convenzionale
  • L’Immunoterapia così mirata, ci permette:
  • Un miglior criterio di inclusione e di gestione del paziente considerando anche: la compliance e l’aderenza;
  • Migliore risposta clinica e immunologica durante l’ITS;
  • Miglior rapporto costo-efficacia;
  • Migliore sicurezza e benessere del paziente.
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